domenica 3 aprile 2016

A Beppe

Opera di Giusy Lo Cascio


Nel tuo tempo sei sempre stato grande
ai miei occhi di infante e di ragazzo
senz'altri approdi che quel tuo cortile
dove riuscivo ad essere normale

La tua voce non era mai forzata
quando serio mi insegnavi la vita
come stringhe che aspettavano il fiocco
per dei passi più sicuri in regalo

Ti stupivi del mio stupore giusto
nelle piccole cose che mi offrivi
come il vento sul viso, insieme, in moto,
o quel verde di campo tanto immenso

dove il viola, quel giorno, era di bianco
e il mio grido viveva nella folla
e San Siro era il parco dei miei sogni
e tu il traghettatore più speciale

A trent'anni il dolore ti ha piegato
fermando la tua corsa in questa vita
chiedendomi però delle mie navi
che in quell'inverno avevo già mancato

Ed altri trenta, di anni, son passati
ed ho vissuto ciò che non hai visto
sono cresciuto e insieme a me mio figlio
che ho avuto nei tuoi anni mai arrivati

Mi nascono spontanee riflessioni
guardando il viso antico sopra il marmo
pensandoti anche oggi a me più grande
seppure abbia i capelli bianchi, e rughe

ma ciò che fa più male è la tua voce
che ascolto ancora nuova nel profondo
chiedendomi che ho fatto del mio tempo
che a te è stato negato appena uomo

Tu amavi chi non ti ha mai rinnegato
perdendo l'esser madre come donna
vestendo sempre i panni di tua moglie
fedele fino all'ultimo dei giorni

Se solo per magia riavessi gli anni
avresti celebrato ogni secondo
sapendo quale dono sia la vita
che io ho lasciato andare per incuria

curandomi di tutto ciò che è vano
perdendo l'entusiasmo ai nuovi giorni
sebbene poi ne abbia avuti tanti
che ho fatto inaridire in modo stolto

Cugino caro, amico e un po' anche padre
ti so presente adesso che ti scrivo
il tuo sorriso sempre mi è di sprone
per ciò che di prezioso ho da capire

Nessuno può sapere l'orizzonte
che ultimo si mostra ad ogni sguardo
e allora anche per te guardo ogni aurora
così che il sole scaldi anche il tuo nome.


02/04/16

(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)