mercoledì 26 marzo 2014

Recensione "Orme sull'acqua" a cura di Fabio Gervasini






Recensione a cura di Fabio Gervasini pubblicata sul suo Blog " L'ultimo sogno". Potete leggerla Q U I ( cliccate per leggerla nella pagina originale)


Recensione del mese
                                               
  "Orme sull'acqua"
              di
Oliviero Angelo Fuina

 Titolo: Orme sull’acqua
Autore: Oliviero Angelo Fuina
Prezzo: € 14,90
Rilegatura: BROSSURA
Pagine: 134
Editore: ArteMuse Editrice (David and Matthaus Editore)
Collana: Castalide
Lingua: Italiano
ISBN: 978-88-98410-35-4



Premessa
Girando per i vari social network è facile imbattersi in poeti più o meno noti, che postano le loro opere nella speranza di far arrivare il loro messaggio al maggior numero di persone possibile. Difficile trovare scritti di qualità ma a volte, possiamo incontrare versi davvero interessanti e molto raramente, anche delle vere e proprie perle. È proprio così che ho avuto la fortuna di conoscere Fuina. Leggendo per caso una delle sue poesie, mi sono ritrovato a emozionarmi come rarissime volte capita, un vero e proprio colpo di fulmine che mi ha portato a scoprire questo straordinario autore, capace di tradurre in versi la vita, le emozioni, l'attimo.

L'approccio
Orme sull'acqua si presenta con una copertina che sembra dire tutto e niente. Un cielo rosso tramonto, nostalgico, riflesso nell'acqua di una lago calmo che come uno specchio, cerca di dare la sua versione della realtà, un po come le liriche del poeta tentano di sviscerare dal normale quotidiano, tutta la magia del vivere. Il titolo stesso sembra essere un paradosso, una metafora, un ossimoro ma in realtà, denuncia il tentativo dell'autore di lasciare in tutti noi segni indelebili e al contempo invisibile, discreti, delicati. La prefazione è ottimamente scritta da Elisabetta Bagli, Altra importante poetessa del panorama contemporaneo. All'interno di questa silloge poetica, troviamo 85 liriche di eccelsa qualità artistica e stilistica, il tutto termina con una interessante biografia dell'autore.

Recensione
Quello che inizialmente colpisce nel leggere le prime liriche di questa antologia, è l'incredibile musicalità dei versi. Troviamo ritmi incalzanti che scorrono in un crescendo emozionante, altri dal ritmo nostalgico, che sembrano costruiti sulle note di un lontano Chopin, altri ancora dal sapore ipnotico, come il il vecchio e a me sempre caro rock progressive dei Pink Floyd. Ad una seconda e più attenta lettura però, scopriamo l'infinità sensibilità di Fuina. È proprio questa la sua arma migliore, riesce a carpire odori, visioni, umori che altri non possono nemmeno immaginare. Scorrendo tra le sue pagine scopriamo la forza e la fragilità del pensiero di questo autore, è in continuo dialogo introspettivo, dialoga con i suoi ricordi, con le sue emozioni. Fuina si nutre di ciò che vede e respira, di tutto ciò che lo circonda, e questo, lo mette in continua discussione con se stesso. La sua fame di vita lo spinge alla ricerca costante di risposte che possano saziare la mente e l'anima e lo fa con un linguaggio raffinato e uno stile unico e mai banale, che fanno di questo autore uno dei più originali poeti contemporanei. L'impatto emotivo che hanno avuto su di me alcune delle sue liriche hanno difficili paragoni. La Ricetta ad esempio, è una di queste. Cerca di dare una spiegazione al suo "essere" al suo modo di vivere e sentire e lo fa con versi come: "Il poeta è il fanciullo meno saggio che baratta per un sospiro il pianto". Qui troviamo la generosità, il cuore di Fuina, pronto al sacrificio per regalare un'emozione allo sconosciuto lettore.È questo che si scopre dell'autore leggendo le sue liriche, l'infinito bisogno di regalare emozioni, di condividerle per dargli un senso e renderle eterne. Ne: L'ingrediente segreto è impossibile non immergersi e non sentire tutto il dolore di una madre persa e ricercata in una pietanza dai sapori antichi ma sempre vivi, e termina dicendo: "Ora mille sapori prezzati non bastano a saziare la fame e ti cerco, madre, dentro un gusto che possa ridarmi il tuo calore". Si viaggia nella propria anima in tutte le direzione leggendo Orme sull'acqua, c'è erotismo, infanzia, amore, ricordi, sogni e speranze e c'è anche l'inquietudine di vivere, l'inquietudine di non riuscire più a esprimere ciò per cui si è nati e per cui si vive. Ne: L'inferno che non pensi l'autore scopre che non c'è mai inferno nel movimento della fiamma, anzi, lì pullula vita, il vero inferno: "è il silenzio che grida dannato mentre il tempo non scandisce l'inchiostro". "È asettico l'inferno che fa male mentre nel fuoco tutto si riaccende". Leggere questa silloge poetica vi trascinerà in posti dove non siete mai stati eppure, non vi appariranno affatto sconosciuti. Sentirete l'odore della città di notte, vedrete paesaggi incantati e proverete nostalgia per persone e luoghi sconosciuti. Fuina è un albero dai frutti maturi, il cui succo e ricco d'esperienza e di vita vissuta intensamente e di quel succo ci viene fatto dono. Munitevi di matita perché spesso vi ritroverete a sottolineare stralci importanti e ancor più spesso, come è accaduto a me dopo aver letto alcuni versi, vi sorprenderete a fissare il nulla con il libro abbandonato sulle gambe, riflettendo intensamente su ciò che avete appena letto. Il dono che fa a tutti noi Oliviero Angelo Fuina, è considerevole, sono chiavi, chiavi che aprono porte che altrimenti sarebbero rimaste chiuse per sempre in noi. Riesce a regalarci risposte a domande alle quali difficilmente saremo riusciti a rispondere da soli e lo fa con un linguaggio ricercato ma semplice, accessibile a tutti, raramente ermetico, lo fa con la semplicità di chi ha padronanza della parola e sa come esprime il proprio pensiero. La sua immensa sensibilità, la capacità di trasformare in versi il senso della vita, lo rendono uno dei poeti più interessanti e preziosi del panorama attuale.Questa antologia non resterà abbandonata nella vostra libreria come mille altre prima, sarà un po come il cd del vostro gruppo preferito che necessariamente dovrete tornare ad ascoltare. Orme sull'acqua è uno di quei libri che tornerete a sfogliare ogni volta che avrete bisogno di leggere melodia, di ascoltare parole, di sentire il vostro cuore vibrare. Nel titolo di questa silloge, c'è tutta l'intenzione dell'autore, ossia lasciare un'orma in quell'acqua dove tutto fluisce senza lasciare traccia, in quell'acqua che è pura vita e anima, sogno e realtà, acqua che ci scorre dentro, acqua dove le orme di Fuina, resteranno per sempre.
Fabio Gervasini


lunedì 17 marzo 2014

Valigie vuote


Il tavolo d'ardesia ha vinto il giallo
e la cucina, adesso, è la veranda
di sguardi, oltre i passanti e gli orizzonti
a demolire gabbia di mattoni

Rubavo prima il tempo ai miei doveri
e adesso che non conto più  la sabbia
dilato i miei momenti in giri a vuoto
caviglie incatenate alla paura

Da tende ricamate scende pioggia
il prato è ancora orfano del padre
avrei voluto fare mille cose
è la menzogna che mi fa star male

Mi sento solo e non sopporto voci
desidero apparenza e non mi curo
potrei buttar nel lago i tanti dadi
sapendo di aver perso la puntata

I suoi anatemi lancia il dio Denaro
sfrattato da dimore tutelate
la mia bestemmia è irriderne l'assenza
valigie vuote sono la condanna.


(01/03/14)

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Ladro al mercato


Sono andato al mercato di Mandello
che non è dove vivo, ma ho vissuto
c'era il sole e il riflesso sulla Grigna
mentre il cielo di blu tingeva il Lario

L'aria asciutta si riannodava in gola
col respiro dei miei anni più verdi
mi bruciava quel sale nei capelli
ed il filo reciso d'aquilone

Bancarelle di ogni invito allettante
i prezzi in pennarello scritti in grande
ma non era la merce che volevo
solo gli occhi di chi mi ha conosciuto;

non potendo, senza soldi, comprarli
li ho rubati di nascosto da loro
per trovarmi, nello specchio più vero,
ogni volta che mi ferisce il tempo.


(17/03/14)

Tutti i diritti riservati

domenica 2 marzo 2014

Cogito ergo sum ... nun !

 
 
Ebbene sì: io amo pensare.
La logica e la razionalità, il pragmatismo e un soppesato istinto di conservazione e una diplomazia di sopravvivenza appartengono da sempre a ciò che di me porto nel mio mondo.
Il fatto stesso di scrivere, di mettere in ordine i miei pensieri in periodi grammaticali coerenti, spesso corretti e qualche volta, perché no?, accattivanti, è il chiaro segno del mio pensare. Ed esporre questi pensieri in modo ingarbugliato, invece, è il segno ancora più chiaro del mio essere sottomesso all’esibizionistico piacere della mia mente.
Tutto questo indubbiamente mi appartiene.
Solo il discernimento di questo bagaglio appresso può salvarmi, però.
Salvarmi dal non vivere. Dal non esserci mentre la vita intorno a me scorre.
Pensare alla vita è come sedersi sui bordi di un fiume allettante e pensare al modo migliore di affrontare la nuotata che si desidera fare.
Buttarsi nella corrente e godere dello scorrere e del fluire delle acque è vivere. Una volta immersi, l’istinto interiore di Esistenza ci farà muovere nel modo a noi più appropriato. Non è cadendo in acqua che si annega; si annega non riemergendo. Quindi, perché non entrarci? La paura è non avere fiducia nell’Esistenza. Ma per il semplice fatto di esistere possiamo essere sicuri che l’Esistenza ci ama. Così non fosse noi non esisteremmo. Che male potrà mai farci?

Quante occasioni non ho colto, quanti treni ho perduto per pensare a pianificare l’evento o il viaggio, le varie fermate intermedie e tutte le conseguenze possibili di ogni mio eventuale fermarmi. E quante volte, partendo, sono tornato al punto di partenza per aver affrontato il viaggio attingendo dalla memoria di precedenti analoghi viaggi, a volte vissuti solo nel racconto di altri! Ma ogni viaggio è unico e irripetibile, come ogni istante della nostra vita. Se recuperiamo lo stesso biglietto che ci è servito per una destinazione, non servirà più per una destinazione diversa, anche se ci inganniamo dicendoci che sempre di viaggio si tratta!

Cogito ergo sum... Penso quindi sono.
Credo che questa sia una delle locuzioni latine più famose che tutti hanno sentito o ripetuto con orgogliosa sapienza almeno una volta. Molte volte, ad essere sincero, io ho detto anche Coccige ergo sum, ma forse su questo è meglio sorvolare.
E tutti, dicevo, almeno una volta hanno quindi espresso un concetto che è stato universalmente riconosciuto come intriso di profonda verità; io, di contro, oggi lo ritengo una grande stronzata. Meglio tardi che mai.
Certo, pensare equivale ad esserci e quando dico che penso, sottintendo un Io pensatore. Ma se penso non posso dire sono al tempo presente perché per antonomasia il pensiero non è mai nel presente, o meglio, esattamente nel qui e ora.
Nel qui e ora non serve il pensiero ma semplicemente esserci; nell’azione che si compie o nello sguardo che osserva. Appena interviene il pensiero è sempre un attingere all’indietro o un proiettare in avanti, anche rispetto all’azione stessa che si sta compiendo.

Senza un pensiero che non sappia discernere se stesso, si vive meglio. Anzi, si vive.
Infatti, l’abitudine a pensare, impedisce a volte di sperimentare la realtà, ci distacca da essa in modo indolore, la fa apparire ancora pensiero.
Cogliere e vivere l’attimo presuppone il non pensarci, durante. Semplicemente presuppone di coglierlo e viverlo.
Pensare alla vita non significa vivere, non significa esistere ed essere.
Come detto, il pensiero che non discerne ma attinge dalla memoria anche esperienziale, non ci fa vedere, nell’esattezza dell’attimo, l’esistenza stessa. Se ci troviamo davanti ad una scelta o ad un accadimento che richiede un scegliere, ci viene spontaneo pensare alle innumerevoli varianti, alle conseguenze e all’esito di proiezioni ipotetiche che formuliamo su ogni da farsi. Proiezioni comunque attingenti da ciò che è il nostro bagaglio di conoscenza esperienziale. E’ logico, direte voi. Io vi rispondo che anche la logica è una conseguenza del lavoro della mente. E la mente, mente.
La mente impara solo ciò che già sa o presuppone di sapere da ciò che ha già vissuto o da ciò che altri hanno vissuto e documentato.
Nulla di utile per ogni istante sempre nuovo.
La mente darà scelte e soluzioni attingendo da tutti i vecchi istanti già archiviati.

Quante volte non troviamo attesi riscontri in una determinata azione, pur sapendo che abbiamo agito come si è sempre fatto in quella stessa determinata azione? La risposta più scontata è che, nonostante ciò che possiamo pensare, la stessa azione è in qualche modo diversa dalle precedenti. Ogni azione è infatti sempre diversa da tutte le altre perché si svolge comunque almeno in una variabile certa della nostra esistenza terrena: il tempo.
La memoria in questo caso non aiuta. Non voglio dire che sia inutile. La memoria è spesso la carezza di momenti che possono rincuorare l’animo ed è la nostra personale macchina del tempo a rivivere il nostro passato. Meglio ancora se ogni viaggio sia comprensivo di discernimento per acquisire l’insegnamento che ogni gesto o accadimento ha immancabilmente intrinseco per noi.
I nostri pensieri spesso si sostituiscono all’essenza reale del mondo. Come posso altresì affermare che si posseggono le cose solo con il pensiero, mi viene da riflettere che in qualche modo i legami fra una persona e noi esistono solo nel nostro pensiero. La memoria, nell’affievolirsi, li allenta.
La memoria, ecco. Appartiene per forza di cose al passato ma opera in un tempo che noi consideriamo presente. Ai turbamenti della memoria sono legate le intermittenze del cuore.
Cogito ergo sum è una bella ed incisiva locuzione latina. Se non altro mi è servita per iniziare a spaziare nella sua smentita.
Se si fosse voluto affermare correttamente avrebbe dovuto essere: “Penso quindi non sono, nel qui e ora.” Sono sicuro non avrebbe avuto così grande fortuna nel tempo. Non sempre ciò che è vero è comunemente preferibile! Ma già che ci sono io la scrivo:
Cogito ergo sum nun. Hic et nunc.

Pensando ai pensieri – che curiosa ridondanza! – mi è venuto in mente un concetto di velocità che avevo letto nel meraviglioso libro di Bach del gabbiano Livingstone. E ci ho ricamato un mio personale pensiero a corollario.
Utile forse a concludere queste pagine pensate sull’inutilità del pensiero.
La velocità massima è quella del pensiero, infinite volte superiore a quella della luce. Se ci entriamo a bordo, in questo vascello psichico, in pratica saremo fermi!
Già: tutti immobili alla velocità del pensiero!

(Tratto dall'inedito "L'uomo nudo con le mani in tasca" - da pag. 166 a pag.169)
[Romanzo ancora in fase di editing per una prossima uscita rivista e corretta] 

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