giovedì 4 settembre 2014

I volti sul marmo





Mentre l'affanno dei mille obiettivi
asciuga i passi del Viaggio più incerto
cosa mai resta, di noi, nel tragitto?
Possiamo dire di esserci stati?


Solo esistiamo negli occhi degli altri
quando il ricordo di un gesto riemerge
oppure un tono gentile di voce
e in quell'incrocio ci siamo sfiorati

Ora che guardo dei volti sul marmo,
e molti restano il suono più astratto,
la mia memoria si accende a un incontro
e allora il nome rivive saputo

Ecco il barlume che abbaglia la mente
l'ultimo senso di un esser vissuti:
vita si afferma in ciò che lasciamo
e non soltanto sommando gli averi

Chi mai conosce quell'orma sul vento
se non qualcuno che si è spettinato?
La nostra scarpa, di marca, arraffata
vive in asettiche bolle oscurate

E di quei volti, due scaldano il marmo
dentro quel fuoco che vita mi ha dato
non una prece ma un grazie sereno
per chi alla Luce che incendia è tornato

Esco dal viale dei fiori recisi
in quel silenzio che a volte può urlare
sfioro, di lato, un viso appassito
che mai saprò, oltre questo pensarlo

Di ogni traguardo che può aver raggiunto
nulla equivale il fugace sfiorarsi
di lui vivrà, quando tornerà vento,
questo momento, guardandone il marmo.


13/07/14

(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)

Le mie parole



 
 
 
Avrei voluto scrivere canzoni
o meglio, le parole sopra il rigo
quelle che restano a note già spente
e ti domandi quale sia la tua;

avrei voluto scrivere un romanzo
che poi la gente mi guardasse il viso
per domandarsi dove sono stato
in quale viaggio ho conosciuto loro

e invece cerco ancora le parole
dopo le mille che mi son venduto
dopo le troppe che ho già barattato
perdendo al cambio piccole speranze

ma le canzoni che mi nuotan dentro
hanno la luce di altri cantautori
hanno emozioni che posso vestire
ma è come un frac che devo poi tornare

ed i romanzi che non sono io
hanno le storie che ho riconosciuto
come un amico che distratto parte
e che ti lascia un suo ricordo vago.

Dunque rimangono le mie parole
quelle che mai ho smesso di cercare
ma in fondo penso che le mie migliori
sian proprio quelle che non so più dire

allora spremo anche quest'altra penna
e un'altra notte che ricorda l'alba
un mio sospiro vecchio di cent'anni
la sigaretta che mi inganna l'aria

e bevo il nero succo d'angostura
che in qualche verso si è depositato
forse riesco a digerir la vita
sempre in attesa di altre mie parole.

11/07/14

Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati

Ma io scrivo


In questo giorno caduto da Luglio
con mosche che volteggiano nel fumo,
snobbando l'arsura fuori casa,
mi ritrovo con una penna in mano


e scrivo, senza avere alcuna idea
senza neanche un pretesto o un dolore
senza un fine che faccia stare bene
senza il buio a strapparmi via i pensieri

e scrivo le parole più comuni
quelle che hanno meno fantasia
e intanto fuori la vita si legge
o magari si guardan le figure

ma io scrivo nell'ombra di un soffitto
sotto il silenzio di una casa vuota
perché tutte le parole già scritte
mai son bastate a tessere un'intesa

e ciò che pensi lo leggo da un vetro
e la risposta scivola l'inchiostro
ma tu lo sai che preferisco un foglio
dove posso racchiudere il tuo mondo

e lo scrivo senza avere smentite
perché tanto sul palco resto solo
e invento un riflesso che mi aggrada
sotto i guizzi di una sfera perfetta

e intanto, tra lo spazio di due verbi
posso perdermi il senso di un abbraccio
ma questo, se permetti, non lo scrivo
e dico, con la china, tutto il niente

che possa darmi approdo in fondo al bianco
perché quello che vale è l'impressione
e di tante parole messe in fila
nemmeno più riesco a dubitare

e scrivo senza rughe d'espressione
senza avere qualcosa nelle tasche
mi restano graffiti sui papiri
e il senso mai tradotto del mio viaggio

o forse questa sedia è troppo alta
e illude il dubbio senso del volare
allora mi incateno alle parole
scrivendo di orizzonti sconosciuti

perché alla fine tu puoi dire tutto
il vento non ha limiti di spazio
ma io scrivo, sopra la mia vela,
ed è il tuo vento a gonfiarmi infinito.


11/07/14

Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati

P come Preghiera


Preghiera è spesso l'ultima risorsa
levata in cieli propri ad occhi bassi
è l'impotente grido a voce sorda
chiedendo alle alte sfere una magia


A un dio antropomorfo noi parliamo
per chiedere favori o aiuti vari
in cambio di promesse disperate
sovente poi scordate in convenienza

Ma noi che del divino siam riflesso
coautori di realtà per affinarci
tacciamo che ci accade ciò che siamo
negando il grande aiuto degli specchi

e mai che venga in mente un solo grazie
per quello che è il miracolo di vita
per ogni privilegio occidentale
ed ogni scorcio che possiam godere

Per caso nulla accade e questo vale
quando da accadimento c'è lezione
e questo è sufficiente ad esser grati
trovando il senso vero al nostro stare

Preghiamo con pensieri costruttivi
se è vero che l'aiuto è a chi si aiuta
e se preghiera abbiamo da inoltrare
che sia per consapevole splendore

E' libero l'arbitrio più prezioso
ed ogni torto ha un nesso sempre chiaro
preghiamo per la forza di capire
perché l'Amore agisce per amore.


(02/03/13)

(da" Alfabeti Di Versi", silloge inedita, Oliviero Angelo Fuina)

C come Calice


Il calice liturgico di un fiore
disseta la bellezza del creato
è coppa che leviamo ai nostri sensi
profumi femminili ad inalare.

Alzando, dentro il sangue, in rito umano
miracolo o potere è il dubbio vinto
è nettare di un pasto più divino
nel Tempio che non vale il nostro cuore.

Nel vetro, a forma conica ed inversa,
a volte ci si adombra la ragione
annegano illusori i dispiaceri
riempiendo l'impotenza allo svuotare.

Il simbolo uterino è quello vero
nel codice criptato in conoscenza
è sacro il femminino che si impone
nel verbo d'equilibrio e armonia.


(25/02/13)
(dalla silloge inedita: "Alfabeti Di Versi" - Tutti i diritti riservati)