lunedì 7 dicembre 2015

Un sospiro a fondo perso

 
 
 
Ciao, sono qui, vicino a te
nel respiro d'aria lieve
che unisce mondi, distanti
un abbraccio mai vissuto
 
o meglio, tu mi sei accanto
nel suono della memoria
di un rincorrerci promesso
e da me non mantenuto
 
Ogni dissolto futuro
già specula il mio presente
stagliandomi all'orizzonte
l'immaginato profilo
 
e qui accanto ora ti penso
non sapendo le tue spoglie
e nell'amore indossato
regali di te il rimpianto
 
Mi restano le parole
che tu sapevi prendere
scrivendo la mia perdita
nel tuo vincere ogni tempo
 
Mai ti ho avuta e non mi manchi
eppure ha il tuo nome, il vuoto
alibi per la mia inedia
di un sospiro a fondo perso.
 
01/12/15
 
 
(Oliviero Angelo Fuina)

Eppure tra le rughe c'è un sorriso

 
 
 
Chi sono io al netto dei miei gesti
potessi rivedermi in altri sguardi?
Io parlo sempre di solcare il cielo
ma è il fango che mi tocca a volo raso!
 
 
e parlo e scrivo come fossi un guru
però mi contraddicono le scelte
che non so fare per timore umano
e cerco scuse anche con me stesso
 
e scrivo e forse più nemmeno parlo
per quel pudore che mi vive ancora
di essere un inganno per chi ascolta
vedendo grandi esempi in vite mute
 
Dov'è che ho perso quella mia scintilla
che aveva luce buona in ogni notte?
Di quella brace resta solo il fumo
che in bassa nicotina sa ingannarmi!
 
Non è un guerriero chi non è caduto
ma solo chi ha la forza di rialzarsi
magari mi bastasse questo assioma
per darmi pace qui piegato al suolo
 
Eppure tra le rughe c'è un sorriso
che aspetta di sbocciare quanto prima
non sono chi pensavo di inventarmi
ma già domani è il primo di ogni giorno
 
Togliendomi la tunica pregiata
la nuda pelle è ciò che ho di più vero
e l'abbracciare limiti e difetti
è forse il vero pregio che solleva.
 
Io sono mille volti in mille sguardi
e ognuno vede solo il suo riflesso
ma sono quel che sono e questo basta
a mettermi in cammino a piedi scalzi
 
Lo so che mai potrò arrivare primo
nel passo titubante di un neonato
ma vincerò stupore in ogni metro
e avrò nuove parole nel silenzio.
 
26/11/15
 
(Oliviero Angelo Fuina)
 


Basta a volte un albero di cachi





 Basta a volte un albero di cachi,
spoglio di verde e ricco di frutti,
per tornare in un vecchio cortile
fuori dal tempo che mai si ferma
 
ma in quella strada degli anni andati
se adesso torno trovo nessuno
non quei sorrisi dati scontati
ne' i volti cari della mia vita
 
Mio è il solo specchio a ricordarli
nel tempo illuso tinto di eterno
eppure mai ne ho avuto il sentore
dei fiori persi lungo il cammino
 
E in questo autunno vago da solo
a trascinare i verdi ricordi
ma in fondo penso, oltre il mio sguardo,
di ritrovarli in nuove stagioni
 
Nulla si perde e nessuno muore
anche se l'eco vola nel vuoto
ciò che ho vissuto corre nel sangue
ed oltre il velo tutto si unisce
 
Intanto il sole schiara quei frutti
e il nodo in gola di altre giornate
dove il futuro era la sera
e i vostri nomi eterno presente.
 
16/11/15
 
(Oliviero Angelo Fuina)


lunedì 16 novembre 2015

Notte di metà Novembre

 
 
Anche il gigante di ferro si è spento
nell'impotenza  di un guardare imposto
nella notte più feroce e imprevista
dentro un freddo che ha gelato i sorrisi
 
E trema ai vili colpi ancora il cuore
piangendo quei futuri ancora incerti
senza avere una risposta allo sguardo
che vaga più smarrito nel presente
 
Datemi il senso del sangue versato
quando ancora ribolliva di vita
e non riesco a trovare un vincitore
quando a perdere è sempre e solo l'Uomo!
 
E in questa notte di metà Novembre
nell'anno di disgrazia del Signore
anche la rabbia sembra ormai sbagliata
seppure segua l'ombra del dolore
 
e il silenzio che sale fino al cielo
grida troppi nomi senza un ritorno
e in quelle strade svuotate di forza
lampeggiano le luci sullo strazio
 
restano madri afflosciate di vita
nell'attesa smentita dalle spoglie
restano troppe parole via cavo
per quella che mai più sarà ascoltata.

15/11/15
 
(Oliviero Angelo Fuina)


Nemmeno erano rossi i tuoi capelli

 
Nemmeno erano rossi i tuoi capelli
e corta la catena aveva il cuore
soltanto per promesse nei paraggi
senza perdere di vista la porta
 
Avevo anch'io l'inganno tra le ali
posticce ed attaccate in presunzione
viaggiavo tra binari paralleli
sapendo l'impossibile intrecciarsi
 
Eppure ci ho creduto per davvero
sperando che la luna fosse un sole
che la tua rosa non avesse spine
ma nulla può distrarre la natura
 
Tu bella di un sorriso che ho adottato
e labbra che sapevano incontrarmi
la luce della strada nel tuo sguardo
e gli orizzonti da prestarmi in dote
 
E il giusto suono avevano parole
già scritte come se fossero nostre
ma sorda la paura mai domata
e muta era la scelta più vincente
 
Ti ho persa senza mai cercarti a fondo
guardando galleggiare i tuoi "per sempre"
ed ora la domanda è lì sull'onda
e il tuo profilo è inciso sullo scoglio
 
Il giorno avuto in dono è terminato
e dal vissuto mai potrà svanire
chissà se in un pensiero avrò respiro
nel tuo voltarti un giorno senza fiato.
 
06/11/15
 
(Oliviero Angelo Fuina)
 


L'amore non si ammala

 
 
 
Non si veste di paura l'amore
ma vola senza freni nella gioia
e si staglia nei sorrisi rapiti
per quelle evoluzioni sotto sterno
 
Vien voglia di gridarlo ai quattro venti
ma quando, sotto vuoto, è nel silenzio
per pavido pudore o per vergogna
smettete di chiamarlo come amore!
 
Delle anime oscurate è il grande imbroglio
che vogliono ostentarlo con la forza,
la più vigliacca, a muover contro Donna
spacciandolo per nobile ardimento
 
L'amore non nasconde le ferite
ma chiede solamente un franco sguardo
che sia carezza calda e luminosa
e non putrida garza di silenzio
 
L'amore non si ammala, è sempre sano,
e sboccia bianco fiore di attenzioni
non trova scuse per gli sfregi in viso
il capo non abbassa mai per colpa
 
Smettete di sporcarne ancora il nome
nell'accostarlo a violenza e possesso
è un crimine che va contro la vita
e se una Donna cade tutto muore.
 
30/10/15
 
(Oliviero Angelo Fuina)


sabato 10 ottobre 2015

Catullo docet (Odi et amo)

 
Odio l'amarti come io ti amo
ed è un dolore che mi crocefigge
amo di me anche l'odio che ora sento
perché è soltanto inedia ciò che uccide
 
É un'altalena dalla corda corta
lo slancio che mi attrae e mi ritorna
il vento di un sorriso sul mio viso
che subito si oscura tra i capelli
 
Ed è un tormento questa breve corsa
tra l'apice e l'abisso che ora esploro
ma è un moto che non posso controllare
salvo cadere fuori dalla giostra
 
Ma vivo e quindi amo e quindi odio
e dentro questo slancio è l'equilibrio
che forse viene dato a fine corsa
per cavalcare il vento che ci ascende.

01/04/15
 
(Oliviero Angelo Fuina)

Ho incontrato un poeta

 
 
Ho provato a guardarlo di nascosto
dietro il vetro di una bottiglia vuota
ma il riflesso di una luna di sbieco
ha celato ai miei occhi i suoi orizzonti
 
Eppure conoscevo anche il suo nome
persino qualche volta l'ho incrociato
nel suo passo banale ed ordinario
che nulla avrei puntato per scommessa
 
Di certo la risposta è più profonda
e nulla lascia al caso o all'apparenza
e forse esser Poeta è comprensivo
degli attimi vissuti senza tempo
 
laddove ogni pensiero si rifrange
donando la scintilla ai molti invisa
che acceca nel silenzio fragoroso
mostrando dei colori un altro spettro
 
A questa conclusione l'ho fermato
incuriosito dal suo esser nudo
davanti al bianco specchio del papiro
che veste in modo sobrio ogni pudore
 
"Io amo in ciò che è umano anche il dolore
ma più di tutto l'emozione vera
ed ogni sentimento mi fa vivo
svelando di me stesso anche l'ignoto"
 
Fu questa la risposta, e inoltre aggiunse
nel mentre si apprestava a salutarmi:
"Tu cerchi la Poesia in ciò che scrivo
ma lei respira solo nello sguardo;
 
lo scrivere di me non è una scelta
ma solo quell'urgenza di capire
perché ci è dato un cielo d'infinito
ed ali ben nascoste da trovare."

01/04/15
 
(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)

Resta

 
 
La cappa dei giorni senza fiato
cucita a filo grosso da impegni
veste ogni nervo scoperto e vivo
pulsante di futura nostalgia
 
E il tuo nome è sospeso nel vuoto
nell'ovatta di comode nebbie
distante e mai lontano dal petto
singulto che si aggruma alle labbra
 
Resta l'orario degli occhi di fumo
di una penna a implorare il riposo
per noi due che mai fummo davvero
sotto il cielo di carne e di pelle
 
Resta un libro al profumo di rosa
un biglietto a ricordo di un viaggio
che all'andata ha sommato il ritorno
e il ricordo di un giglio nel cuore
 
Resta un poco ma un attimo resta!
in quest'ora rubata di notte
resta e fatti guardare di nuovo
che il tuo vecchio riflesso mi basta
 
Lancia in resta rimango da solo
ma quest'alba dirada il suo fumo
addensando una lacrima in dote
mentre annega a levante il mio sogno
 
14/06/15
 
(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)

martedì 29 settembre 2015

"Foglie e radici" - Mini silloge premiata al "Città del Galateo" III Edizione 2015

Vi propongo la silloge premiata al primo posto al Premio Internazionale di poesia e prosa "Città del Galateo" III Edizione, il 26/09/15 presso il Palazzo Marchesale di Galatone, nello  splendido ristrutturato Frantoio ipogeo.
 
Prima voglio riportarvi però la motivazione ricevuta per la premiazione della mia silloge:

Foglie e radici
 
Ci sono i ruoli e l’azzeramento dei ruoli, in questa raccolta che si presenta come una saga familiare in quartine. L’autore esplora i legami familiari del suo albero genealogico, si riconosce piccolo dinanzi alla saggezza del padre e all’amore della madre e cerca d’immedesimarsi nel ruolo di figlio, pur se anch’egli convocato a fare il genitore.
 
“Figlio ritorno con i miei fantasmi
e ciò che sono crolla nello specchio
rimane l'uomo forse mai cresciuto
quello più illuso di lasciare un seme”
 
Un seme che attecchisce in versi straordinari.
 
 
 
 

Rughe di un’orfana memoria
 
Nemmeno più mi chiedo chi ha permesso
di falsare questi giorni al mio passo
nel respiro di conchiglie all’orecchio
ad ovattare ogni suono e il mio sangue;
 
è mesto il mio salire le tue scale
sapendo, madre, di un confuso sguardo
fra risacche d’ogni sogno smarrito
e  le rughe di un’orfana memoria;
 
 è Universo sovrapposto il tuo viso
al miele che leniva le mie croste
con pillole di baci divertite
al misurare il mondo con ginocchia.
 
 E fa male, ritrovarti bambina
sapendo tutto ciò che ho da tacere
non capiresti ed io mi sento solo
fra le braccia che piano sto perdendo.
 

 
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Si nasce vergini
 
Si nasce vergini
poi la vita
con appendici
di turgido dolore
deflora poco alla volta
l’ingenuo sorriso
di chi mai sospetta lutti.
 
 E adesso sei tu
bocciolo di giglio
fra i rovi dei nostri affanni
che puoi tendere carezze
al viso segnato di tua nonna
che mi fu madre
e lo è di te due volte.
 
 Ci sarà  forse il tempo
di un’ultima fotografia
sorrisi da stirare negli anni
e rimpiangerli seppiati
prima che il rammarico
ti coglierà nudo
in una notte di ricordi sonori
 
 e quasi senza accorgerti
saranno i nostri volti
che vedrai ricamati
dalla mano di tuo figlio
e il consapevole tuo pianto
annullerà le distanze
nel tempo infinito.
 
 
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Mamma
 
Solo gli occhi si alternano di luce
fragile corpo che non ti appartiene
leggera come piuma nella brezza
pesante la distanza dei ricordi;
 
le ossa che trafiggono lenzuola
feriscono pupille impreparate
e cerco nelle forme spigolose
il morbido giaciglio di un sorriso.
 
 E adesso che ho bisogno di un consiglio
recidi il mio cordone fatalmente
ma è tuo soltanto il volo d'aquilone
nel cielo di una luce che guarisce.
 
Imbroglio il tempo con le mie illusioni
parlandoti di giorni a te preclusi
innalzo palafitte sui pendii
di dune fra  tempeste d'acre sabbia
 
 e trema la mia mano sul tuo viso
cercando l'attenzione di uno sguardo
vorrei parlarti ancora della vita
che un po' mi togli se tu non mi parli.
 
 E sgrano ore di contraddizione
volendo salutarti e non lasciarti.
 
 
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Il tuo sguardo adesso
(Papà)

 
Adesso che non ho più il tuo sguardo
a incanalarmi l’inedia opposta
mi fermo, immemore di me stesso,
dentro i confini della tua storia;
 
 mi tocca di ingoiare senz’acqua
il placebo dei mulini a vento
che hanno macinato il rosario
dei tuoi giorni d’inerzia finale.
 
 Hai vissuto la vita che hai scritto,
tenace su errori di battuta,
poi chiudendo il tuo libro in silenzio
hai lasciato parole nell’aria;
 
 sulla stessa ringhiera, più vuota,
accarezzo il tuo abbraccio di terra
e mi vedo ripetere i gesti
nel tempo che vincerò al mio tempo.
 
 E adesso che sono io il tuo sguardo
posso rivedermi oltre il passato.
 
 
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Le befane non sanno invecchiare
 
Un sacchetto di frutta e pastelli
un pupazzo di uvetta e di pane
i risvegli nel freddo imbiancato
mi aspettavano a passi curiosi
 
 L'emozione di un rito concluso
nei regali a sancire magia
di una vecchia su scopa volante
che inquietava i miei giovani anni
 
 Dei Re Magi a portare i tre doni
a quel Bimbo d'eterno fulgore
l'eco solo restava a dottrina
mentre a casa spaiavano calze
 
 Era l'ultimo giorno festivo
prima di un ritrovarsi tra i banchi
ora che la mia scuola è la vita
la vacanza è il sorriso di un figlio
 
 Ma è salata la calza dei dolci
del tuo fingerti grande in dispetto
alle attese dei nostri ricordi
per rivivere un altro stupore
 
 Il tuo dar per scontato il momento
rinnegando finzione voluta
è un confine che mai ha un ritorno
salutando per sempre l'infanzia
 
 Ma è normale, mi dico tacendo,
e nascondo quel groppo che ho in gola
in dispetto ai miei bianchi capelli
le befane non sanno invecchiare.
 
 
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Quel suo primo amore
 
É caduta già prevista nel volo
quando per la prima volta libriamo
ma il disagio di una terra che graffia
somma i tagli che terremo in memoria
 
 Nell'incredulo guardare orizzonti
ormai orfani del viso eclissato
già scordiamo il calore di un sorriso
che scioglieva, nel futuro, l'incerto
 
 E quel dolore di un cielo spezzato
ha infine rivestito anche mio figlio
che ha le ali di cera ancora calda
e un freddo mai pensato nel suo abbraccio
 
 Io lo guardo e riconosco me stesso
ed in doppia valenza mi fa male
ma nessuno ha mai inventato parole
che il tempo solo riesce a balbettare
 
 Altre piume di volo l'aspettano
ovunque dove mai potrà pensare
ma all'angolo di un ritrovato sguardo
starà in agguato quel suo primo amore.
 
 
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L'inverno sul viso
 
Dal fuoco del tuo personale inferno
sputi l'inverno in gelide parole
e la tua bocca mi schiaffeggia il viso
e morde le paterne mie certezze
 
 Figlio ritorno con i miei fantasmi
e ciò che sono crolla nello specchio
rimane l'uomo forse mai cresciuto
quello più illuso di lasciare un seme
 
 Ora il silenzio media questa sera
mentre il sipario ha chiuso già il sorriso
e la domanda che mi pongo ora
ha la risposta in tutti i tuoi domani
 
 Tu che di me sei più forte davvero
nel rispetto puoi vincere il tuo Viaggio
perché il più fragile è proprio chi ama
di quell'amore che rende più forti.
 
 
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Sperando quel sorriso al tuo voltarti
 
Sono le parole che inchiodo in gola,
pesanti sulla ruga di un sorriso,
quelle, tra tutte, che meno sopporto
e il silenzio che ti grido mi turba
 
 Vorrei che tu mi dessi le risposte
per tutte le inespresse mie domande
ma il tuo svoltare in gioventù ferita
avalla i miei giudizi in presunzione
 
 Ed ora manchi nei complici sguardi
tra i ricordi del tuo guardarmi fiero
mentre ascolti, insegnandomi orizzonti,
azzerando i nostri ruoli già scritti
 
 Nei tuoi anni ribelli mi rivedo
tra i dinieghi che ho chiamato esperienza
ma sapere quanto costa il dolore
non fa sconti al tuo comprarne un quintale
 
 Sono nudi i tuoi piedi sopra lame
di un sentiero intrapreso non per scelta
ho le scarpe bucate dal mio tempo
mentre tu tieni le tue tra le mani
 
 Posso solo guardarti da lontano
tenendoti nel cuore in apprensione
e sognare di abbracciarti vincente
nonostante il silenzio che ci perde
 
 Ciò che è vero è che non so come fare
non avendo mai trovato un manuale
che possa poi spiegare un figlio al padre
o almeno palesarmi una certezza
 
 Resta amore che in pudore zittisce
oppure che all'orgoglio si nasconde
resto io due metri dietro le spalle
sperando quel sorriso al tuo voltarti.
 
 
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Con lame di dolore nel suo petto
 
Sono stanco di non sentirmi a casa
quando dopo le fatiche arriva il cruccio
del disagio di un figlio con sé stesso
troppi gli assiomi a rimpallarsi colpe
 
 E a svuotarmi è la sterile impotenza
di un percorso che vuole le sue scarpe
darei tutte le mie illuse rivalse
per sorrisi che lui possa indossare
 
 Se solo immaginasse quanto è poca
la fragile distanza alle risposte
cambiando prospettiva al basso sguardo
per affermarsi in quello che lui vale!
 
 Però quest'altra notte mi ferisce
con lame di dolore nel suo petto
potessi medicar con le parole
ma ho solo il mio silenzio a gridar forte
 
 E scopro che il mio bene è la sua vita
e nulla vale che non sia a lui dato
il senso dei miei giorni ormai calanti
son le salite vinte dal mio sangue.
 
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Padre e figlio
 
Sei ramo che allontani la radice
nell'unico tuo viaggio verso il sole
lei sente la sua linfa che ti giunge
tu senti frutti e foglie nella brezza
 
 Vicino alle altre fronde a rispecchiarti
dal tronco la distanza infine sfugge
e il cieco mormorare di corteccia
non senti ormai proteso alla tua luce
 
 Eppure il quieto faggio ti dà slancio
e ascolta tutti i passeri sul palmo
il nome che si è dato ti contempla
ma il tuo volare alto lo distanzia
 
 L'autunno giungerà a spogliar le ali
e allora attingerai da quella forza
al dunque consapevole del tutto
di un nome e di una linfa che completa
 
 e i frutti non cadranno mai distanti
dal ciclo di stagioni del tuo mondo
ed ogni fine è solo un nuovo inizio
costante la radice a sostenerti.
 

 
FINE
 


venerdì 25 settembre 2015

La danza di una candela

 
 
Ho mille storie in punta di penna
e il timore di sommare parole
su troppe pagine a fondo disperso
oppure di trovarmi senza tempo
 
e allora incido con punta inchiostrata
poche quartine sull'unico foglio
che mai è di troppo e più basso è lo spreco
del poco fiato di un luogo infinito
 
nemmeno inseguo una logica, a volte,
bastando il senso di un suono emotivo
eppure in calce, nel giorno vistato,
sempre mi chiedo quali altre parole
 
potrò inventare nel vento addobbato
dopo che troppe ho spettinato al buio
di una luna dietro le imposte chiuse
come le chiese in assenza di fede
 
ma non si sceglie come dare luce
alle stanze segrete sotto sterno
e una candela danza in mille forme
nella fiamma che può imitare il sole
 
Ed ogni storia che non ho mai scritto
già è stata letta in versi di fortuna
scrivo il silenzio, quindi, senza sosta
per il frastuono d'acquietare urgente.
 
22/06/15
 
(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)
 
[Poesia premiata al Premio internazionale letterario "Thesaurus 2015" - Matera 24/10/15]


martedì 22 settembre 2015

Sono giorni

 
 
 
Sono giorni che guardo ormai all'indietro
voltandomi alla brezza di un ricordo
immemore del loro andare oltre
di fretta e quasi senza salutare
 
Dell'oggi io mi accorgo quando è ieri
nel mentre mi attraversa a fari spenti
non vedo le scadenze di un agire
e invecchio io che vecchio sono nato
 
Han sempre un altro nome i mille impegni
procrastinando mete più volute
e spendo questa vita a mani vuote
perdendo forse il tempo del baratto
 
E l'unica certezza è questo foglio
che àncora la mano senza il fumo
ma intanto quando scrivo ancor non vivo
lasciando a partiture il senso vero
 
Mi manco negli incontri che non faccio
in tutti quei sorrisi che non colgo
nel volto che lo specchio già deforma
e dentro quei sospiri sotto vuoto
 
I giorni indifferenti sono folla
perché l'anonimato lascia soli
eppure, ad uno ad uno, hanno calore
ma il freddo della somma ha mani in tasca
 
Vorrei fermare un gesto più che il tempo
sapendo che l'inedia azzera le ore
la brace che disseta fa tossire
e il fiato del presente si disperde
 
Ed io mi chiedo ancora cosa voglio
al netto di un amore fuori squadra
e in tutte le parole che mi vesto
non trovo quel silenzio più appagante
 
Chi adesso sono lo saprò domani
girandomi stupito al vecchio giorno
ma senza lei nemmeno più io esisto
ed ogni istante corre al suo abitarmi
 
E i giorni sono giorni sulla carta
in calce alle parole troppo assenti
se solo avessi ancora le sue labbra
direi con gli occhi chiusi ogni infinito.

04/02/15

 
(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)