Vi propongo la silloge premiata al primo posto al Premio Internazionale di poesia e prosa "Città del Galateo" III Edizione, il 26/09/15 presso il Palazzo Marchesale di Galatone, nello splendido ristrutturato Frantoio ipogeo.
Prima voglio riportarvi però la motivazione ricevuta per la premiazione della mia silloge:
Foglie e radici
Foglie e radici
Ci sono i ruoli e l’azzeramento dei ruoli, in questa raccolta che si presenta come una saga familiare in quartine.
L’autore esplora i legami familiari del suo albero genealogico, si riconosce piccolo dinanzi alla saggezza del padre e all’amore della madre e cerca d’immedesimarsi nel ruolo di figlio, pur se anch’egli convocato a fare il genitore.
“Figlio ritorno con i miei fantasmi
e ciò che sono crolla nello specchio
rimane l'uomo forse mai cresciuto
quello più illuso di lasciare un seme”
Un seme che attecchisce in versi straordinari.
Rughe di
un’orfana memoria
Nemmeno
più mi chiedo chi ha permesso
di
falsare questi giorni al mio passo
nel
respiro di conchiglie all’orecchio
ad
ovattare ogni suono e il mio sangue;
è
mesto il mio salire le tue scale
sapendo,
madre, di un confuso sguardo
fra
risacche d’ogni sogno smarrito
e le rughe di un’orfana memoria;
al
miele che leniva le mie croste
con
pillole di baci divertite
al
misurare il mondo con ginocchia.
sapendo
tutto ciò che ho da tacere
non
capiresti ed io mi sento solo
fra
le braccia che piano sto perdendo.
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Si nasce vergini
Si
nasce vergini
poi
la vita
con
appendici
di
turgido dolore
deflora
poco alla volta
l’ingenuo
sorriso
di
chi mai sospetta lutti.
bocciolo
di giglio
fra
i rovi dei nostri affanni
che
puoi tendere carezze
al
viso segnato di tua nonna
che
mi fu madre
e
lo è di te due volte.
di
un’ultima fotografia
sorrisi
da stirare negli anni
e
rimpiangerli seppiati
prima
che il rammarico
ti
coglierà nudo
in
una notte di ricordi sonori
saranno
i nostri volti
che
vedrai ricamati
dalla
mano di tuo figlio
e
il consapevole tuo pianto
annullerà
le distanze
nel
tempo infinito.
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Mamma
Solo
gli occhi si alternano di luce
fragile
corpo che non ti appartiene
leggera
come piuma nella brezza
pesante
la distanza dei ricordi;
le
ossa che trafiggono lenzuola
feriscono
pupille impreparate
e
cerco nelle forme spigolose
il
morbido giaciglio di un sorriso.
recidi
il mio cordone fatalmente
ma
è tuo soltanto il volo d'aquilone
nel
cielo di una luce che guarisce.
Imbroglio
il tempo con le mie illusioni
parlandoti
di giorni a te preclusi
innalzo
palafitte sui pendii
di
dune fra tempeste d'acre sabbia
cercando
l'attenzione di uno sguardo
vorrei
parlarti ancora della vita
che
un po' mi togli se tu non mi parli.
volendo
salutarti e non lasciarti.
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Il tuo sguardo
adesso
(Papà)
Adesso
che non ho più il tuo sguardo
a
incanalarmi l’inedia opposta
mi
fermo, immemore di me stesso,
dentro
i confini della tua storia;
il
placebo dei mulini a vento
che
hanno macinato il rosario
dei
tuoi giorni d’inerzia finale.
tenace
su errori di battuta,
poi
chiudendo il tuo libro in silenzio
hai
lasciato parole nell’aria;
accarezzo
il tuo abbraccio di terra
e
mi vedo ripetere i gesti
nel
tempo che vincerò al mio tempo.
posso
rivedermi oltre il passato.
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Le befane non
sanno invecchiare
Un
sacchetto di frutta e pastelli
un
pupazzo di uvetta e di pane
i
risvegli nel freddo imbiancato
mi
aspettavano a passi curiosi
nei
regali a sancire magia
di
una vecchia su scopa volante
che
inquietava i miei giovani anni
a
quel Bimbo d'eterno fulgore
l'eco
solo restava a dottrina
mentre
a casa spaiavano calze
prima
di un ritrovarsi tra i banchi
ora
che la mia scuola è la vita
la
vacanza è il sorriso di un figlio
del
tuo fingerti grande in dispetto
alle
attese dei nostri ricordi
per
rivivere un altro stupore
rinnegando
finzione voluta
è
un confine che mai ha un ritorno
salutando
per sempre l'infanzia
e
nascondo quel groppo che ho in gola
in
dispetto ai miei bianchi capelli
le
befane non sanno invecchiare.
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Quel suo primo
amore
É
caduta già prevista nel volo
quando
per la prima volta libriamo
ma
il disagio di una terra che graffia
somma
i tagli che terremo in memoria
ormai
orfani del viso eclissato
già
scordiamo il calore di un sorriso
che
scioglieva, nel futuro, l'incerto
ha
infine rivestito anche mio figlio
che
ha le ali di cera ancora calda
e
un freddo mai pensato nel suo abbraccio
ed
in doppia valenza mi fa male
ma
nessuno ha mai inventato parole
che
il tempo solo riesce a balbettare
ovunque
dove mai potrà pensare
ma
all'angolo di un ritrovato sguardo
starà
in agguato quel suo primo amore.
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L'inverno sul
viso
Dal
fuoco del tuo personale inferno
sputi
l'inverno in gelide parole
e
la tua bocca mi schiaffeggia il viso
e
morde le paterne mie certezze
e
ciò che sono crolla nello specchio
rimane
l'uomo forse mai cresciuto
quello
più illuso di lasciare un seme
mentre
il sipario ha chiuso già il sorriso
e
la domanda che mi pongo ora
ha
la risposta in tutti i tuoi domani
nel
rispetto puoi vincere il tuo Viaggio
perché
il più fragile è proprio chi ama
di
quell'amore che rende più forti.
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Sperando quel
sorriso al tuo voltarti
Sono
le parole che inchiodo in gola,
pesanti
sulla ruga di un sorriso,
quelle,
tra tutte, che meno sopporto
e
il silenzio che ti grido mi turba
per
tutte le inespresse mie domande
ma
il tuo svoltare in gioventù ferita
avalla
i miei giudizi in presunzione
tra
i ricordi del tuo guardarmi fiero
mentre
ascolti, insegnandomi orizzonti,
azzerando
i nostri ruoli già scritti
tra
i dinieghi che ho chiamato esperienza
ma
sapere quanto costa il dolore
non
fa sconti al tuo comprarne un quintale
di
un sentiero intrapreso non per scelta
ho
le scarpe bucate dal mio tempo
mentre
tu tieni le tue tra le mani
tenendoti
nel cuore in apprensione
e
sognare di abbracciarti vincente
nonostante
il silenzio che ci perde
non
avendo mai trovato un manuale
che
possa poi spiegare un figlio al padre
o
almeno palesarmi una certezza
oppure
che all'orgoglio si nasconde
resto
io due metri dietro le spalle
sperando
quel sorriso al tuo voltarti.
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Con lame di
dolore nel suo petto
Sono
stanco di non sentirmi a casa
quando
dopo le fatiche arriva il cruccio
del
disagio di un figlio con sé stesso
troppi
gli assiomi a rimpallarsi colpe
di
un percorso che vuole le sue scarpe
darei
tutte le mie illuse rivalse
per
sorrisi che lui possa indossare
la
fragile distanza alle risposte
cambiando
prospettiva al basso sguardo
per
affermarsi in quello che lui vale!
con
lame di dolore nel suo petto
potessi
medicar con le parole
ma
ho solo il mio silenzio a gridar forte
e
nulla vale che non sia a lui dato
il
senso dei miei giorni ormai calanti
son
le salite vinte dal mio sangue.
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Padre e figlio
Sei
ramo che allontani la radice
nell'unico
tuo viaggio verso il sole
lei
sente la sua linfa che ti giunge
tu
senti frutti e foglie nella brezza
dal
tronco la distanza infine sfugge
e
il cieco mormorare di corteccia
non
senti ormai proteso alla tua luce
e
ascolta tutti i passeri sul palmo
il
nome che si è dato ti contempla
ma
il tuo volare alto lo distanzia
e
allora attingerai da quella forza
al
dunque consapevole del tutto
di
un nome e di una linfa che completa
dal
ciclo di stagioni del tuo mondo
ed
ogni fine è solo un nuovo inizio
costante
la radice a sostenerti.
FINE
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