Ebbene sì: io amo pensare.
La logica e la razionalità, il pragmatismo e un soppesato istinto di conservazione e una diplomazia di sopravvivenza appartengono da sempre a ciò che di me porto nel mio mondo.
Il fatto stesso di scrivere, di mettere in ordine i miei pensieri in periodi grammaticali coerenti, spesso corretti e qualche volta, perché no?, accattivanti, è il chiaro segno del mio pensare. Ed esporre questi pensieri in modo ingarbugliato, invece, è il segno ancora più chiaro del mio essere sottomesso all’esibizionistico piacere della mia mente.
Tutto questo indubbiamente mi appartiene.
Solo il discernimento di questo bagaglio appresso può salvarmi, però.
Salvarmi dal non vivere. Dal non esserci mentre la vita intorno a me scorre.
Pensare alla vita è come sedersi sui bordi di un fiume allettante e pensare al modo migliore di affrontare la nuotata che si desidera fare.
Buttarsi nella corrente e godere dello scorrere e del fluire delle acque è vivere. Una volta immersi, l’istinto interiore di Esistenza ci farà muovere nel modo a noi più appropriato. Non è cadendo in acqua che si annega; si annega non riemergendo. Quindi, perché non entrarci? La paura è non avere fiducia nell’Esistenza. Ma per il semplice fatto di esistere possiamo essere sicuri che l’Esistenza ci ama. Così non fosse noi non esisteremmo. Che male potrà mai farci?
Quante occasioni non ho colto, quanti treni ho perduto per pensare a pianificare l’evento o il viaggio, le varie fermate intermedie e tutte le conseguenze possibili di ogni mio eventuale fermarmi. E quante volte, partendo, sono tornato al punto di partenza per aver affrontato il viaggio attingendo dalla memoria di precedenti analoghi viaggi, a volte vissuti solo nel racconto di altri! Ma ogni viaggio è unico e irripetibile, come ogni istante della nostra vita. Se recuperiamo lo stesso biglietto che ci è servito per una destinazione, non servirà più per una destinazione diversa, anche se ci inganniamo dicendoci che sempre di viaggio si tratta!
Cogito ergo sum... Penso quindi sono.
Credo che questa sia una delle locuzioni latine più famose che tutti hanno sentito o ripetuto con orgogliosa sapienza almeno una volta. Molte volte, ad essere sincero, io ho detto anche Coccige ergo sum, ma forse su questo è meglio sorvolare.
E tutti, dicevo, almeno una volta hanno quindi espresso un concetto che è stato universalmente riconosciuto come intriso di profonda verità; io, di contro, oggi lo ritengo una grande stronzata. Meglio tardi che mai.
Certo, pensare equivale ad esserci e quando dico che penso, sottintendo un Io pensatore. Ma se penso non posso dire sono al tempo presente perché per antonomasia il pensiero non è mai nel presente, o meglio, esattamente nel qui e ora.
Nel qui e ora non serve il pensiero ma semplicemente esserci; nell’azione che si compie o nello sguardo che osserva. Appena interviene il pensiero è sempre un attingere all’indietro o un proiettare in avanti, anche rispetto all’azione stessa che si sta compiendo.
Senza un pensiero che non sappia discernere se stesso, si vive meglio. Anzi, si vive.
Infatti, l’abitudine a pensare, impedisce a volte di sperimentare la realtà, ci distacca da essa in modo indolore, la fa apparire ancora pensiero.
Cogliere e vivere l’attimo presuppone il non pensarci, durante. Semplicemente presuppone di coglierlo e viverlo.
Pensare alla vita non significa vivere, non significa esistere ed essere.
Come detto, il pensiero che non discerne ma attinge dalla memoria anche esperienziale, non ci fa vedere, nell’esattezza dell’attimo, l’esistenza stessa. Se ci troviamo davanti ad una scelta o ad un accadimento che richiede un scegliere, ci viene spontaneo pensare alle innumerevoli varianti, alle conseguenze e all’esito di proiezioni ipotetiche che formuliamo su ogni da farsi. Proiezioni comunque attingenti da ciò che è il nostro bagaglio di conoscenza esperienziale. E’ logico, direte voi. Io vi rispondo che anche la logica è una conseguenza del lavoro della mente. E la mente, mente.
La mente impara solo ciò che già sa o presuppone di sapere da ciò che ha già vissuto o da ciò che altri hanno vissuto e documentato.
Nulla di utile per ogni istante sempre nuovo.
La mente darà scelte e soluzioni attingendo da tutti i vecchi istanti già archiviati.
Quante volte non troviamo attesi riscontri in una determinata azione, pur sapendo che abbiamo agito come si è sempre fatto in quella stessa determinata azione? La risposta più scontata è che, nonostante ciò che possiamo pensare, la stessa azione è in qualche modo diversa dalle precedenti. Ogni azione è infatti sempre diversa da tutte le altre perché si svolge comunque almeno in una variabile certa della nostra esistenza terrena: il tempo.
La memoria in questo caso non aiuta. Non voglio dire che sia inutile. La memoria è spesso la carezza di momenti che possono rincuorare l’animo ed è la nostra personale macchina del tempo a rivivere il nostro passato. Meglio ancora se ogni viaggio sia comprensivo di discernimento per acquisire l’insegnamento che ogni gesto o accadimento ha immancabilmente intrinseco per noi.
I nostri pensieri spesso si sostituiscono all’essenza reale del mondo. Come posso altresì affermare che si posseggono le cose solo con il pensiero, mi viene da riflettere che in qualche modo i legami fra una persona e noi esistono solo nel nostro pensiero. La memoria, nell’affievolirsi, li allenta.
La memoria, ecco. Appartiene per forza di cose al passato ma opera in un tempo che noi consideriamo presente. Ai turbamenti della memoria sono legate le intermittenze del cuore.
Cogito ergo sum è una bella ed incisiva locuzione latina. Se non altro mi è servita per iniziare a spaziare nella sua smentita.
Se si fosse voluto affermare correttamente avrebbe dovuto essere: “Penso quindi non sono, nel qui e ora.” Sono sicuro non avrebbe avuto così grande fortuna nel tempo. Non sempre ciò che è vero è comunemente preferibile! Ma già che ci sono io la scrivo:
Cogito ergo sum nun. Hic et nunc.
Pensando ai pensieri – che curiosa ridondanza! – mi è venuto in mente un concetto di velocità che avevo letto nel meraviglioso libro di Bach del gabbiano Livingstone. E ci ho ricamato un mio personale pensiero a corollario.
Utile forse a concludere queste pagine pensate sull’inutilità del pensiero.
La velocità massima è quella del pensiero, infinite volte superiore a quella della luce. Se ci entriamo a bordo, in questo vascello psichico, in pratica saremo fermi!
Già: tutti immobili alla velocità del pensiero!
(Tratto dall'inedito "L'uomo nudo con le mani in tasca" - da pag. 166 a pag.169)
[Romanzo ancora in fase di editing per una prossima uscita rivista e corretta]
La logica e la razionalità, il pragmatismo e un soppesato istinto di conservazione e una diplomazia di sopravvivenza appartengono da sempre a ciò che di me porto nel mio mondo.
Il fatto stesso di scrivere, di mettere in ordine i miei pensieri in periodi grammaticali coerenti, spesso corretti e qualche volta, perché no?, accattivanti, è il chiaro segno del mio pensare. Ed esporre questi pensieri in modo ingarbugliato, invece, è il segno ancora più chiaro del mio essere sottomesso all’esibizionistico piacere della mia mente.
Tutto questo indubbiamente mi appartiene.
Solo il discernimento di questo bagaglio appresso può salvarmi, però.
Salvarmi dal non vivere. Dal non esserci mentre la vita intorno a me scorre.
Pensare alla vita è come sedersi sui bordi di un fiume allettante e pensare al modo migliore di affrontare la nuotata che si desidera fare.
Buttarsi nella corrente e godere dello scorrere e del fluire delle acque è vivere. Una volta immersi, l’istinto interiore di Esistenza ci farà muovere nel modo a noi più appropriato. Non è cadendo in acqua che si annega; si annega non riemergendo. Quindi, perché non entrarci? La paura è non avere fiducia nell’Esistenza. Ma per il semplice fatto di esistere possiamo essere sicuri che l’Esistenza ci ama. Così non fosse noi non esisteremmo. Che male potrà mai farci?
Quante occasioni non ho colto, quanti treni ho perduto per pensare a pianificare l’evento o il viaggio, le varie fermate intermedie e tutte le conseguenze possibili di ogni mio eventuale fermarmi. E quante volte, partendo, sono tornato al punto di partenza per aver affrontato il viaggio attingendo dalla memoria di precedenti analoghi viaggi, a volte vissuti solo nel racconto di altri! Ma ogni viaggio è unico e irripetibile, come ogni istante della nostra vita. Se recuperiamo lo stesso biglietto che ci è servito per una destinazione, non servirà più per una destinazione diversa, anche se ci inganniamo dicendoci che sempre di viaggio si tratta!
Cogito ergo sum... Penso quindi sono.
Credo che questa sia una delle locuzioni latine più famose che tutti hanno sentito o ripetuto con orgogliosa sapienza almeno una volta. Molte volte, ad essere sincero, io ho detto anche Coccige ergo sum, ma forse su questo è meglio sorvolare.
E tutti, dicevo, almeno una volta hanno quindi espresso un concetto che è stato universalmente riconosciuto come intriso di profonda verità; io, di contro, oggi lo ritengo una grande stronzata. Meglio tardi che mai.
Certo, pensare equivale ad esserci e quando dico che penso, sottintendo un Io pensatore. Ma se penso non posso dire sono al tempo presente perché per antonomasia il pensiero non è mai nel presente, o meglio, esattamente nel qui e ora.
Nel qui e ora non serve il pensiero ma semplicemente esserci; nell’azione che si compie o nello sguardo che osserva. Appena interviene il pensiero è sempre un attingere all’indietro o un proiettare in avanti, anche rispetto all’azione stessa che si sta compiendo.
Senza un pensiero che non sappia discernere se stesso, si vive meglio. Anzi, si vive.
Infatti, l’abitudine a pensare, impedisce a volte di sperimentare la realtà, ci distacca da essa in modo indolore, la fa apparire ancora pensiero.
Cogliere e vivere l’attimo presuppone il non pensarci, durante. Semplicemente presuppone di coglierlo e viverlo.
Pensare alla vita non significa vivere, non significa esistere ed essere.
Come detto, il pensiero che non discerne ma attinge dalla memoria anche esperienziale, non ci fa vedere, nell’esattezza dell’attimo, l’esistenza stessa. Se ci troviamo davanti ad una scelta o ad un accadimento che richiede un scegliere, ci viene spontaneo pensare alle innumerevoli varianti, alle conseguenze e all’esito di proiezioni ipotetiche che formuliamo su ogni da farsi. Proiezioni comunque attingenti da ciò che è il nostro bagaglio di conoscenza esperienziale. E’ logico, direte voi. Io vi rispondo che anche la logica è una conseguenza del lavoro della mente. E la mente, mente.
La mente impara solo ciò che già sa o presuppone di sapere da ciò che ha già vissuto o da ciò che altri hanno vissuto e documentato.
Nulla di utile per ogni istante sempre nuovo.
La mente darà scelte e soluzioni attingendo da tutti i vecchi istanti già archiviati.
Quante volte non troviamo attesi riscontri in una determinata azione, pur sapendo che abbiamo agito come si è sempre fatto in quella stessa determinata azione? La risposta più scontata è che, nonostante ciò che possiamo pensare, la stessa azione è in qualche modo diversa dalle precedenti. Ogni azione è infatti sempre diversa da tutte le altre perché si svolge comunque almeno in una variabile certa della nostra esistenza terrena: il tempo.
La memoria in questo caso non aiuta. Non voglio dire che sia inutile. La memoria è spesso la carezza di momenti che possono rincuorare l’animo ed è la nostra personale macchina del tempo a rivivere il nostro passato. Meglio ancora se ogni viaggio sia comprensivo di discernimento per acquisire l’insegnamento che ogni gesto o accadimento ha immancabilmente intrinseco per noi.
I nostri pensieri spesso si sostituiscono all’essenza reale del mondo. Come posso altresì affermare che si posseggono le cose solo con il pensiero, mi viene da riflettere che in qualche modo i legami fra una persona e noi esistono solo nel nostro pensiero. La memoria, nell’affievolirsi, li allenta.
La memoria, ecco. Appartiene per forza di cose al passato ma opera in un tempo che noi consideriamo presente. Ai turbamenti della memoria sono legate le intermittenze del cuore.
Cogito ergo sum è una bella ed incisiva locuzione latina. Se non altro mi è servita per iniziare a spaziare nella sua smentita.
Se si fosse voluto affermare correttamente avrebbe dovuto essere: “Penso quindi non sono, nel qui e ora.” Sono sicuro non avrebbe avuto così grande fortuna nel tempo. Non sempre ciò che è vero è comunemente preferibile! Ma già che ci sono io la scrivo:
Cogito ergo sum nun. Hic et nunc.
Pensando ai pensieri – che curiosa ridondanza! – mi è venuto in mente un concetto di velocità che avevo letto nel meraviglioso libro di Bach del gabbiano Livingstone. E ci ho ricamato un mio personale pensiero a corollario.
Utile forse a concludere queste pagine pensate sull’inutilità del pensiero.
La velocità massima è quella del pensiero, infinite volte superiore a quella della luce. Se ci entriamo a bordo, in questo vascello psichico, in pratica saremo fermi!
Già: tutti immobili alla velocità del pensiero!
(Tratto dall'inedito "L'uomo nudo con le mani in tasca" - da pag. 166 a pag.169)
[Romanzo ancora in fase di editing per una prossima uscita rivista e corretta]
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