sabato 28 settembre 2013

Ho letto "Il problema di Ivana" di Ciro Pinto


Il problema di Ivana
di Ciro Pinto
Edizioni DrawUp
ISBN: 978-88-98017-00-3

Ciro Pinto è una splendida persona. Tutta la sua eleganza, la sua inusuale sensibilità, la sua umanità, il suo sguardo profondo li ho ritrovati in questo magistrale romanzo. 
Sto parlando de "Il problema di Ivana", il suo romanzo d'esordio, o meglio, la sua prima Opera edita.
Il merito e il privilegio vanno alle  Edizioni Drawup, dell'editore, e talentuoso scrittore, Alessandro Vizzino, tra l'altro artefice di una splendida ed intrigante prefazione.
Un esordio, questo di Pinto, che incanta e affascina. E soprattutto cattura inesorabilmente i sensi.
Un libro che si è imposto prepotentemente al mio tempo altro, dettandosi inderogabile ad ogni scandire di pagina.
Sapevo del suo scrivere interessante dalle varie pagine virtuali che tramite Blog e Facebook avevo avuto il piacere d'incontrare, ancora prima di incontrare Ciro Pinto personalmente a Cartoceto (PU), in un evento letterario splendidamente organizzato da Giovanni Fabiano,capace  Editore del Gruppo David and Matthaus. Il leggere un suo intero romanzo ha amplificato queste sensazioni confermandomi, anche laddove non ce n'era bisogno, il suo naturale talento affabulatore con parole indubbiamente  amiche, fedeli messaggere di inusuali sensibilità in un dipanarsi sui fogli quasi organolettico.
Parole che si fanno spesso poesia più della poesia ingabbiata e riconosciuta, trasportandoci quasi fisicamente negli incanti di un borgo senese, Cetona, tra percezioni quasi contraddittorie e per questo felicemente vere.


Sapori antichi e bucolici convivono, però,  anche con il grigiore, "la peste", di Milano. Entrambi gli scenari rivivono costantemente nel protagonista rendendolo intensamente vero ed empaticamente in navigazione in un consueto ed antonomastico mare in tempesta della vita quotidiana e moderna facilmente riconoscibile. 

La bravura di Pinto si tocca con mano anche quando ci fa arrivare un violento pugno allo stomaco con le emozioni e i drammi di "ottimizzazioni" da parte del sensibile Andrea Torreggiani, il protagonista, per l'Azienda della quale gestione è responsabile.
Pari talento lo ritroviamo nel suo saperci commuovere immergendoci in valori morali e familiari che insieme a Ivana allargano il cuore e chiudono la gola anche a noi, fortunati lettori.

"Il problema di Ivana" è un "thriller romantico", come in modo appropriato è riportato nelle note di presentazione dello stesso romanzo; è una superlativa matrioska emotiva, commovente e spesso spiazzante. 

Ivana, con il suo problema, aleggia e si insinua tra altri due amori, differenti e contrapposti, di Andrea: Sara e Laura, fino a dettarne ritmi e percezioni.
Ivana, sfuggevole e costantemente presente per un enigma che Pinto riesce a tenere pulsante fino ad un epilogo che non lascia indifferenti.
Le montagne russe emotive del protagonista ospitano tutti noi, scivolando tra parole eleganti ed incisive. Sono veri i suoi personaggi e Pinto riesce a farteli diventare amici, quasi di famiglia, e ogni turbamento o slancio viene vissuto in prima persona. Per me è stato intensamente così.
Li ho conosciuti, capiti, amati e sono certo che non mi abbandoneranno facilmente anche a parole spente e narrazione terminata.

Riporto, in breve, la sinossi di questo imperdibile romanzo:

"Andrea Torreggiani, giovane dirigente milanese di un'azienda in crisi, è anche scrittore per passione. Approfitta di un breve soggiorno a Cetona, nelle valli senesi, per terminare il suo romanzo.
Lì cercherà di dar riscontro a un'immagine che esiste solo nella sua mente e che potrebbe risolvere il problema di Ivana. Lì incontrerà un nuovo amore, vero quanto difficile."

Per concludere, voglio riportare un ultimo pensiero tratto dalla splendida prefazione di Alessandro Vizzino:

"La domanda conclusiva potrebbe essere: "Qual è il problema di Ivana"? La risposta, senza togliere suspense e interesse al romanzo, è semplice quanto chiara: Ivana è Andrea, è Cetta la strega, è l'altra faccia di Laura, è il contrario di Sara e di Claudio, è, in definitiva, ognuno di noi, a volte più forte, a volte vittima indifesa degli eventi."

Io aggiungo, d'obbligo, un enorme grazie a Ciro Pinto per ciò che con talentuose, eleganti e fluide parole ci ha regalato.
Per ciò che ha regalato indubbiamente a me.
Grazie Ciro.



Ciro Pinto

Ciro Pinto è nato a Napoli, nel novembre del 1953, dove tuttora risiede.
Ha lavorato sempre nel settore bancario e finanziario, dove ha svolto ruoli di responsabilità anche nazionali. Ha girato l'Italia e ha vissuto diversi anni a Firenze, dove l'azienda a cui ha dedicato buona parte della sua vita ha la sua sede centrale.
Lasciato il lavoro e ritornato a Napoli, oggi si può dedicare alla passione che coltiva da sempre, scrivere.
Il problema di Ivana è il suo primo romanzo.

martedì 17 settembre 2013

La recensione a "Orme sull'acqua" a cura di Ciro Pinto


Ho conosciuto Oliviero Angelo Fuina, dopo un po’ che avevamo stretto amicizia su Facebook. 
L’ho conosciuto a Cartoceto, splendida cornice di un evento magico, voluto fortemente da Giovanni Fabiano, titolare della casa editrice David and Matthaus.
Ho vivido ancora il ricordo di quei due bellissimi giorni e le emozioni che governarono gli animi di tutti i presenti, compreso il mio. Un evento di cultura, spettacolo e impegno sociale, condito con maestria, pregno di sensibilità e di passione. Un evento votato alla condivisione, che davvero è rimasto nel cuore di tutti coloro che hanno avuto il pregio di parteciparvi.
Ho appena chiuso il libro di Oliviero, la bellissima silloge: Orme sull’acqua.
Acqua che scorre, lenta, a volte leggera, a volte greve, spesso effimera ma mai vana. 
Spesso mi piace immergermi in un testo, e mai immersione fu più vera e significativa.
L’Autore risponde esattamente all’uomo che ho conosciuto, pregno di vita e di emozioni, capace di commuoversi d’innanzi alla vita, ma sempre pronto ad affrontarla col viso intonso di chi sa che nulla può essere vano se vissuto.
Orme sull’acqua ha significato per me staccarmi completamente dalle inezie quotidiane, mi ha sospinto in alto ad osservare il lento defluire di un fiume, mi ha precipitato fino sul fondo, regalandomi sempre la gioia di riemergere.
...Tracce vane di un noto paradosso/di lascito bugiardo in superficie/anelito che nulla poi consegna/se non i futili passi a svanire... la strofa centrale della bellissima poesia ”Orme sull’acqua”, che apre la Silloge omonima, disegna già l’approccio dell’Autore, la sua ferma convinzione che la vita di ognuno sia un solo un passaggio sull’acqua, qualcosa appunto che non lasci traccia. Può sembrare un passaggio minimalista, un atteggiamento quasi nichilistico, ma non lo è, basta continuare: Sono orme sull’acqua ciò che porgo/il saper nuotare mostrato invinto/forse parole i segni dei miei passi/nel fermo scorrere dell’unico mare. 
E allora si comprende tutto, si capisce che la vita va vissuta (nuotata?), con la forza di chi non vuole mai essere domo, e va forgiata con le proprie passioni, come fa l’A, che dà alle parole la forza di rappresentare la sua esistenza, che non può non vivere (l’unico mare).
E Oliviero è padrone delle parole, sa usarle, accostarle, la distanza che le separa è sempre quella che riesce a renderle come tanti anelli di un’unica catena, la loro scelta lascia sempre stupiti. La sua magia risiede nel giocare con loro, si badi bene mai un gioco effimero, nell’affidare alla ricerca dei lemmi più veri, della musicalità che possa scaturirne, la migliore rappresentazione delle sue emozioni.
E la suggestione che crea con il flusso dell’acqua è tale da apparire quasi fisica.
E tutte le altre poesie si susseguono con la stessa armonia, spaziando in tutti i temi della vita, osservati, vissuti e sofferti senza mai uno stridio di note, un acuto fuori luogo. L’armonia dei versi che rispecchia l’armonia del poeta, che non reprime le sue passioni, i suoi furori, ma li diluisce nell’anima, li fa scorrere nel suo fiume per osservarli e poterli domare. 
“Ferma quel gesto che l’anima strazia” è la poesia che tratta della violenza sulle donne, nel senso più lato... c’è tanto orrore nell’animo dell’Autore, lo percepisci, eppure lo comunica senza veemenza ma con la calma di chi non ha dubbi. Basta leggerne qualche verso: ... ferma quel gelo che l’anima strazia/che dolce saggezza nega al tuo sguardo!... Mai monito fu più pacato e allo stesso tempo più efficace.
L’acqua è equilibrio, del resto restare a galla, al di là di tutte le leggi fisiche ben esplicite in merito, rimane per me sempre un miracolo. Il corpo umano è per la maggior parte composto di liquidi, seppure restiamo immobili, il flusso scorre dentro di noi. Seppure solchiamo i sentieri della vita, le nostre orme sull’acqua scompaiono in un attimo, ma ogni passo resta dentro di noi.
Una riflessione e una lirica che consiglio ad ognuno, leggere Oliviero significa immergersi nel flusso universale dei pensieri, seguire la scia delle suggestioni, approdare sul lido della consapevolezza, dopo un viaggio lunghissimo racchiuso nello scrigno prezioso della vita!

Ciro Pinto


La recensione a "Orme sull'acqua" a cura di Michela Zanarella


E’ un paradosso il titolo della silloge di Oliviero Angelo Fuina “Orme sull’acqua”, edita da ArteMuse Editrice. Sono infatti invisibili le impronte tracciate sull’acqua, è una contraddizione spiazzante quella che si nasconde nelle parole che titolano l’opera. L’esistenza è vista dal poeta come un fiume che scorre verso il mare e come tale è fatta di contrasti, situazioni imprevedibili. “E’ l’impronta che vuole incidere il fiume/di vita fluida mai doma a sé stessa/non visibile da immobile scoglio”, sono versi incisivi, calibrati, scelti con accuratezza, che dimostrano la maturità dell’autore nell’affrontare la vita in poesia. Sgorgano limpide le parole e coinvolgono umanamente, intrise dalla purezza e dalla bellezza di un sentire che è intimo e profondo.
La poesia di Oliviero Angelo Fuina non vuole imporre una visione del mondo, lascia il lettore libero di assaporare e centellinare odori, colori, suoni. Il ritmo, il fascino delle immagini rivelano la necessità di dialogo del poeta, che cerca di trasmettere emozioni mantenendo vivo il linguaggio, facendo vibrare le parole. “E tremo e porto il cuore oltre confine”, l’amore, i sentimenti, la natura, sono i temi principali di un viaggio interiore che tocca luoghi e tempi della memoria, di un vissuto che ha lasciato orme indelebili nell’anima. “Sotto i portici l’eco dei passi/tiene nella mano il mio domani/ e il riflesso sui tinti pastelli”, è un rievocare percezioni, sensazioni, che diventano gli ingredienti di questa raccolta di grande impatto emotivo, dove si intrecciano il rigoglio simbolico, i sogni e i desideri di un uomo che riflette e ripercorre i tratti salienti della sua vita, senza tralasciare nulla. Fuina ha il pregio di unire schiettezza ad eleganza, la sua poesia si innalza fino a raggiungere un guizzo di intensità notevole, senza eccedere in licenze sintattiche. E’ ben consapevole il poeta delle sue doti raffinate, si coglie in ogni lirica un’attenzione, una cura, di chi sa cosa vuol dire e come lo vuol dire. Nulla è lasciato al caso, ogni singola parola, ogni verso è in grado di adattarsi perfettamente alle esigenze di significato volute dall’autore.
Si nutre di ricordi, di pulsioni a volte anche erotiche, si lascia sedurre e incantare dalla natura fissando con trasparenza l’attimo fuggente.

Michela Zanarella


venerdì 6 settembre 2013

Perché, "Orme sull'acqua" ?



"Le orme sull'acqua". Perché questo titolo?
Le orme sull'acqua sono impronte invisibili, che non hanno appunto alcun riscontro materiale agli occhi di chi si volta a rimirare i propri passi.
Queste orme non vengono direttamente percepite ne' possono aiutare chi si perde in proprio. Diciamocela tutta: le orme sull'acqua sono un paradosso e una contraddizione palese. Orme paradossali e contraddittorie come l'Esistenza stessa. E' questa la chiave di volta del senso del titolo. L'Esistenza paragonata ad un fiume d'acqua, che scorre fluido e incessante verso il mare, a riunire ogni goccia di umanità che forma il fiume stesso.
Questa affermazione porterebbe a far pensare che ognuno di noi possa lasciare impronte sullo scorrere spesso impetuoso del fiume d'acqua ... ma non sempre è così, anzi, avviene più difficilmente di ciò che si potrebbe pensare. Per lasciare impronte si dovrebbe innanzitutto riuscire a entrare nel fiume e non rimanere bloccati in qualche punto delle sue sponde o abbarbicati sopra uno scoglio prima che l'ansa ricurvi. E' la paura di annegare che ci blocca. Come diceva Paulo Coelho, però, non si annega finendo sott'acqua ma soltanto non riemergendo. Ecco perciò che solo buttandoci nell'acqua che scorre impetuosa a valle tutti noi potremmo scoprire di saper nuotare benissimo e non ci precluderemmo la possibilità di ammirare diversi panorami nel corso del nostro fluido viaggio. E come ho voluto rimarcare in una poesia di questa silloge, è proprio il viaggio stesso la meta!
Per lasciare orme, comunque, è indispensabile la leggerezza, oltre al coraggio di entrare davvero nel fiume. Ed è così che amo pensare i miei versi: un'impronta in punta di penna immersa nel viaggio esistenziale, cioè nel fiume della vita.
Le impronte che si possono lasciare sono semplicemente il mostrare a tutti la nostra possibilità di nuotare, scorrendo sicuri in favore di corrente e vincendo paure sapendo del mare che ci aspetta. Troveremo gorghi difficili e cascate impetuose ma la consapevolezza di essere acqua nell'acqua ci potrà sicuramente sostenere e il trovare tratti di placido scorrere non dovrà mai tentarci di volerci fermare perché un viaggio che valga la pena di essere intrapreso presuppone il viverlo fino alla meta, cioè senza soluzione di continuità.
Tornando alla silloge che vi apprestate a leggere, con essa voglio mostrarvi un breve tratto di percorso, uno svoltare curva abbandonando prima una sponda quindi vari scogli di illusa sicurezza, nuotando consapevole correnti variabili come le stesse emozioni che mi auguro di riuscire a trasmettervi. Un primo classico approdo che riconoscerete è l'amore che ci illudiamo sia il mare ma che infine, fortunatamente, ci insegna l'Amore per noi stessi, acqua nell'acqua. E ogni emozione viene solcata in bracciate al meglio di ogni singolo momento, tenendo all'orizzonte la curiosità del tratto successivo, vincendo sconforto sommando speranza.
La vera traccia di noi sarà il costante muoverci alla curva successiva. Perdendoci e ritrovandoci infinite volte se lo sguardo stesso tenderà a fermarsi.

Oliviero Angelo Fuina


Qui potete acquistare direttamente questa mia silloge poetica:


giovedì 5 settembre 2013

Ho letto "Parole che avrei voluto dirti" di Michele Gardoni

 



"Parole che avrei voluto dirti"
di Michele Gardoni
ISBN : 978-88-98410-36-1
Gruppo Editoriale D and M divisione ArteMuse Editrice


Le "Parole" di Michele Gardoni erano già un successo annunciato prima della pubblicazione dello stesso - atteso - libro. Successo non disatteso. E la densa qualità che Michele offre su carta va oltre la significativa quantità delle copie vendute. Ed è questo il vero successo, questo positivo accoglierle come "Parole" speciali e imperdibili. Un meritato accoglierle.
Molto hanno influito le pregne ed emozionanti anteprime che Michele Gardoni, dal suo blog, ci regalava da tempo, parlandoci, da cuore a cuore, di intense emozioni che magicamente estrapolava da quotidianità di sguardi e di viaggi, offrendocele in delicati sussurri.
Io stesso avevo prenotato questo suo libro per tempo ma solo pochi giorni fa ho colto il giusto momento per affacciarmi in questo suo viaggio esistenziale da me fino a quel momento appena intravisto.
E' stato amore a prima pagina e in una sola, intensa, serata l'ho letto, anzi, l'ho vissuto interamente.
E la prima parola che mi è venuta in mente, a pagine appena chiuse, è stata un grande e sincero "grazie" all'autore per avermi permesso di entrare così compiutamente nelle sue emozioni, nei suoi pensieri, nelle sue debolezze riconoscibili dai tanti - me compreso, e nei palpiti crescenti di un sorriso vincente a discapito di "parole troppo grosse da poter uscire dalla gola".
Parole d'amore per l'Amore e la Vita che l'amore stesso saprà dar loro vita comunicativa.

Già dalle prime pagine Michele ci offre riflessioni che catturano per profondità che solo il saperle mostrare con semplicità può renderle tali, in quanto fortemente vere.
Poco dopo veniamo proiettati in una Estate dei suoi quattordici anni, con le prime esplosioni ormonali che ci fa vivere non temendo di mostrarsi nell'ingenuità e nelle "debolezze" che, forse in diverse sfumature, sono state di tutti. Autoironia e sguardi "oltre" sono gli ingredienti che aiutano a farci vivere empaticamente ogni dubbio, ogni rabbiosa e impotente frustrazione e ogni pulsione come se conquistata da noi stessi. E in tutto questo particolare percorso le riflessioni che ci porta in dote riverberano fino a lambire la percezione dei nostri attuali giorni.
Ci ritroviamo poi immersi in passioni, frustrazioni e impotenze lavorative e di relazione, in meccanismi di sopravvivenza che non possiamo non riconoscere. Non si risparmia nè media con se stesso, il talentuoso Autore, nemmeno nelle incomprensioni e nei "colpevoli" silenzi d'inedia di una relazione morente e non adeguatamente soccorsa. Passi forse indispensabili di percorso di crescita, di non consegnarsi all'abitudine così deleteria nell'amore che amore non può più essere, affinché l'arrivo e l'incontro "casuale" con "l'anima gemella predestinata" possa essere vissuta in nuovi, pur se sofferti, consapevoli slanci propositivi.
E' la vittoria del positivo sul negativo, della speranza che si concretizza, del sogno che si realizza, dei valori alti su materialismi di facciata e questo nonostante predisposizioni caratteriali figlie di addomesticamenti educativi e sociali che sempre più frequentemente distolgono dalle vere mete che altro non sono il viaggiare nella vita presenti a se stessi.

"Parole che avrei voluto dirti" è anche una commovente dichiarazione d'amore per la "sua" Milano, per quella Milano che va oltre alle vesti con cui si fa vedere. Una Milano intima che si dona a chi, come Michele, la sa davvero guardare e cogliere nei suoi intimi doni.

"Non capisco come possano esserci tante chiacchiere fuori luogo su Milano. Come possa essere definita una città fredda e senza sensibilità, non si può guardare una persona per l'abito che indossa, spesso le persone si perdono a guardare la nebbia dimenticando che il grigio che la copre è un vestito, non la sua pelle, non il suo cuore."

Splendida e indicativa la sua dedica iniziale al grande Enzo Jannacci. Dedica fatta prima che Enzo lasciasse in noi l'immenso vuoto della sua dipartita "oltre il velo". Una dedica non alla memoria dunque, ma a ciò che Enzo rappresentava artisticamente nella sua Milano, e in ogni luogo.
Sono certo, caro Michele, che Enzo avrebbe risposto così, alla tua dichiarazione d'intenti:

E' vero e innovativo anche il tuo bel proporti, senza alcun condizionamento al passivo. Bravo: non sei mai andato fuori tempo! S', caro Michele, per le cose della vita tu hai avuto ... tutto, tanto, anzi parecchio perché per fare certe cose ci vuole orecchio! E cuore."

Grazie, Michele Gardoni!

martedì 3 settembre 2013

La ricetta


Di cosa è fatto davvero un poeta
per riconoscerlo a parole spente?

Se puoi nascondere i fogli d'approdo
barche d'inchiostro a planare i suoi mari
azzerando gli alfabeti saputi
cosa resta del suo librarsi in volo?

Si dice che un poeta resta tale
nel silenzio mai sentito che veste
nei sorrisi ad accogliere la vita
nella lacrima che chiude una porta;

un poeta dipinge con lo sguardo
nella tela di un giorno sempre nuovo
colorando di emozioni il respiro
intingendo i pensieri nella notte.

Un poeta è il fanciullo meno saggio
che baratta per un sospiro il pianto;
è il Pierrot che cavalca la sua luna
e la faccia nascosta che non mostra.

Non esistono ingredienti di lemmi
per fare un buon poeta in pochi passi
ma se guardi nel cuore di un bambino
hai trovato il segreto che ricerchi.

24/01/13

(da: "Orme sull'acqua" - ArteMuse Editrice)

domenica 1 settembre 2013

E capita


Ti capita, a sera, di cadere
tra parole che l'anima d'altri
incide a fuoco sulle emozioni
nell'umano stupore del volo

Com'è possibile il nostro abisso,
ti chiedi, sul ciglio delle rime
quando l'ala d'eterna poesia
solleva di meraviglia il fiato?

E intanto l'assolo di chitarra
muove al pianto in vibrazioni note
se questo è l'Uomo che denigriamo
spiegatemi, nel cuore, il sorriso!

E capita, allora, il tuo silenzio
così pregno da impugnare penna
forse solo a sollevar lo sguardo
per scrivere di un cielo che vive

(31/08/13)

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