martedì 19 agosto 2014

"Gocce di poesia" - mini silloge poetica per il Premio Città del Galateo 2014

Voglio proporvi la mini silloge di 10 poesie -"Gocce di silenzio" - anch'esse arrivate in finale al Premio Città del Galateo 2014 nella sez. Silloge.
Silloge premiata col massimo dei voti, all'unanimità da parte di tutta la Giuria, al pari della poesia singola nell'altra sezione, regalandomi un "Vincitore Assoluto" per la Poesia nella classifica finale del Premio stesso.



 




“Gocce di silenzio”
Mini silloge di 10 poesie

"Arrivò piano"

Arrivò piano, come un'emicrania
e dove prima sentivi il profumo
la tua bocca già morde il bianco seno,
freddo, come notte che ti sorprende

Ed è lei ora che abita il volto
e nulla esiste che non sia quel marchio
che danna lo sguardo acceso allo specchio
e un sorriso di conquista a perdere

Nodose dita tengono la luna
nel nudo camminare sopra i mondi
un cane abbaia all'ombra di sé stesso
e un allocco finisce lo spartito

Arrivò piano, senza spiegazioni
senza passi da contare a ritroso
e nel tuo orfano abbracciare il vento
c'è tutto il senso a trattenere il pianto

Senza le scarpe fermo hai camminato
tracciando la tua rotta su memorie
e poi di colpo invece sei partito
ma come se nemmeno fossi stato

Arrivò piano, come un temporale
e dove ricamavano le gocce
ora tutto nell'onda si disperde
nel riflusso che danza la tua ghiaia

che adesso mi frantuma consonanti
nel chiamarti con l'inutile voce
ed è il silenzio a gridare più forte
nella guerra che mai nessuno vince

- Arrivò piano, forse inaspettata,
senza fermarsi per mostrarci il viso -

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"Senza ritorni"

Manca il respiro, a volte, per domani
quando guardi le orme abbandonate
senza un noto sorriso che ti sappia
o acredine che non ti lasci solo

Si è liberi vivendo nel presente
ma sbarre troppe alte ha il mio silenzio
senza l'eco di un tempo condiviso
che intreccia due ricordi da serbare

E gli anni che per me son troppo avanti
nei tuoi, verdi e veloci, senza fiato
m'incurvano orizzonti di speranza
o solo epifanie dietro il timore

Nel cappio del consueto strozzo sguardi
e più non vedo magici momenti
nei voli alle catene che mi impongo
per non saper più il nome nello specchio

Un poco di buon senso basterebbe
che mostri ciò che io davvero sono
ma è sempre quel consenso che ricerco
a chiudermi la strada del ritorno.

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“Sotto il sassofono”

Il sassofono dettava le voci
che insieme abbiam legato sulla notte
luna arancio che le note ascoltava
mentre sabbia replicava le impronte

Insieme sul muretto avanti il chiosco
si è parlato senza dirci poi molto
ma il silenzio che abbracciava i sorrisi
diceva ad alta voce di noi due

Versavo sui tuoi dubbi la mia storia
e ciò che in verità non ho mai fatto
ma il senso è la presenza tua nel mondo
che aspetta il tuo consenso ad esaltarsi

In te, bambino mio, rivedo l'uomo
che avrei potuto forse diventare
se solo avessi mio il tuo potenziale
di stella luminosa in ogni cielo

E intanto il nostro canto si fondeva
scordando stonature più impacciate
mostrandoti in coraggio passi a tempo
per farti poi danzare in altre braccia.

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“Il vuoto di una scelta”

In un giorno costipato che arranca
rovinando d'inedia anche la notte
sono finte le parole virtuali
e quelle a muso duro fanno male

Ma le gabbie racchiuse di un sospiro
disegnano impotenti i troppi passi
che girano su ipotesi più lise
e il cielo di un rimpianto si avvicina

E' musica che arretra il tempo illuso
e avanza le ferite a fine pezzo
allora canticchiavo l'incoscienza
e il sole sorrideva sui miei anni

Ho perso, senza viaggio, un altro treno
e il tuo nome, già scritto mille volte
in archivi, si perde, da annullare
e piaghe da curare avrò ai miei piedi

Ancora busserai dentro il mio sguardo
e forse avrò parole fortunate
ma il mio sarà quel capo che si china
planando la zavorra dei pensieri

Ancora cercherò la prima stella
in rotte da ripetere a memoria
e avrò nel senno d'altri il mio consenso
che ho perso dentro il vuoto di una scelta.

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“I nostri autunni”

D'ambra e rubino i rami son vestiti
prima di denudarsi nel commiato
verrà del lutto pace bianca e quieta
poi dita al cielo indosseranno gemme

Tutto ritorna e tutto nasce ancora
quando l'illusa morte segue il ciclo
ogni stagione ha il suo vestito a festa,
i propri doni che altre età non hanno

Dunque l'autunno in viso o dentro il cuore
mai perderà quell'ultimo sospiro
vive nel seme d'esistenza innata
fiore che mai potrà l'oblio trovare

Tu padre avevi il tronco in madre terra
ramo tu fosti e rami hai generato
mai nell'inverno puoi saperti morto
se in nuova estate i frutti hanno il tuo nome

Linfa che scorre in albero di vita
nutre radici aspettando il sole
ora se brezza spettina certezze
giungerà il senso a rinnovar promessa.

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“Come se forma prendesse l'inchiostro”

Dopo una sera di asettici baci
e gialli sorrisi in punteggiatura
resta la penna a sentire le dita
dentro l'abbraccio che mai ti delude

Tutto un silenzio che a volte è di troppo
mai può coprire un'assenza che urla
provi a parlarle tra strette parole
ma nulla annega negli occhi tuoi stanchi

Sempre quei gesti, l'ennesima volta,
come se forma prendesse l'inchiostro
più non sai dire qualcosa di nuovo
più non hai pelle che abbia un ricordo

e allora scrivi di un niente allo specchio
guardando altrove per non contraddirti
o forse solo per sopravvivenza
nel breve inganno che vita non vale.

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“Ladro al mercato”

Sono andato al mercato di Mandello
che non è dove vivo, ma ho vissuto
c'era il sole e il riflesso sulla Grigna
mentre il cielo di blu tingeva il Lario

L'aria asciutta riannodava in gola
col respiro dei miei anni più verdi
mi bruciava quel sale nei capelli
ed il filo reciso d'aquilone

Bancarelle di ogni invito allettante
i prezzi in pennarello scritti in grande
ma non era la merce che volevo
solo gli occhi di chi mi ha conosciuto;

non potendo, senza soldi, comprarli
li ho rubati di nascosto da loro
per trovarmi, nello specchio più vero,
ogni volta che mi ferisce il tempo.

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“L'inizio e l'infinito”

Il volo di un gabbiano all'orizzonte
il canto di ogni onda alla sua riva
il primo bacio al fuoco di un tramonto
la notte che ti lancia le sue stelle

il pugno chiuso urlato contro il cielo
rigagnoli di sale dell'addio
l'abbraccio silenzioso di un amico
un libro che ti fa scoppiare il cuore

la nebbia che respiri la mattina
la neve che si adagia sulla lingua
la prima volta che lei ti ha sorriso
l'ultima volta che sei stato figlio

Il senso di ogni cosa si completa
nel suono commovente di un vagito
e quando, nel suo viso che ti guarda,
puoi leggere l'inizio e l'infinito.

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“La carezza della penna”

Io sono per difetto tremebondo
e agli uragani intensi scelgo quiete
lo so che poi la vela non si inarca
e mai del tutto lascio le mie rive

Mi agito nel vento a ogni sfida
e perder le parole è un prezzo immenso
e quando i giorni corron senza fiato
ammutolisce il senso di un sapermi

Incespico nei gesti di un rituale
quando la messa svela il miscredente
non riesco più a vedermi coi sorrisi
che pagano, in miseria, un tanto all'ora

Non voglio, eppure resto sulla giostra
forse per la paura di saltare
tra sguardi che non possono capire
che il movimento ha giri sotto sterno

Inutile affannarsi senza meta
tranne l'approvazione più sociale
ma come posso viver di me stesso
quando ogni cosa ha un prezzo da pagare?

E' vero che la vita è solo una
ma i suoi riflessi veston tutto il mondo
ed io che nei silenzi scrivo un sogno
ora mi assordo in veglie mai volute

E' questa l'esperienza che mi è data
forse a trascender comode visioni
niente si perde, è vero, e nulla muore
tranne un presente che non traggo in salvo

E sommo le quartine senza sosta
come se io potessi fermar notte
ma è già domani e il tempo non fa sconti
e il palinsesto chiede il suo rispetto

Ringrazio la carezza della penna
che anche stanotte in dono mi ha lasciato
forse è soltanto un battito di ciglia
ma in questo pianto muto trovo il senso.

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"La Ricetta"

Di cosa è fatto davvero un poeta
per riconoscerlo a parole spente?

Se puoi nascondere i fogli d'approdo
barche d'inchiostro a planare i suoi mari
azzerando gli alfabeti saputi
cosa resta del suo librarsi in volo?

Si dice che un poeta resta tale
nel silenzio mai sentito che veste
nei sorrisi ad accogliere la vita
nella lacrima che chiude una porta;

un poeta dipinge con lo sguardo
nella tela di un giorno sempre nuovo
colorando di emozioni il respiro
intingendo i pensieri nella notte.

Un poeta è il fanciullo meno saggio
che baratta per un sospiro il pianto;
è il Pierrot che cavalca la sua luna
e la faccia nascosta che non mostra.

Non esistono ingredienti di lemmi
per fare un buon poeta in pochi passi
ma se guardi nel cuore di un bambino
hai trovato il segreto che ricerchi.

OLIVIERO ANGELO FUINA

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