Suona lacrime di Studio,
il piano,
nello stupore del mio piegarmi
sopra un foglio strappato veloce
e un profilo da dimenticare.
È davvero vuoto, questo vuoto,
non ha nemmeno scie di profumi
e polpastrelli incisi all'inguine
labbra che conoscano il tuo seno;
non ha mai avuto alcun passato
e nemmeno orizzonti scrutati
soltanto un’illusione feroce
ammantata di roche parole
disegnate col fiato sui vetri
- condense d’umori ipotetici -
prima dello sbattere di ali
di finestre a planare sul mondo.
Fa male, come è giusto che sia,
e i silenzi graffiano la notte
senza aneliti per la tua pelle
senza il rosso dei verbi a lenire.
Ancora riavrai albe indolori
a farti lanciare nuovi dadi
per una scommessa più vincente
sui giorni da baciare concreti.
- ma io, ancora per questa volta,
scivolo una poesia sulle tue guance –
19/01/08
(da: "Cieli di carta")