Non è mai facile recensire un libro senza cadere nella tentazione di raccontare di se stessi, delle emozioni riflesse e immettere un proprio personale punto di vista o una personale percezione in un dipanarsi di trama che non è mai fine a se stessa, se l'autore sa davvero adempiere al proprio ruolo comunicativo privilegiato.
Tutto scorre? Tutto si dipana correttamente? E' scritto bene? E' riuscita questa storia, questo libro, a prenderti per mano per arrivare impaziente al traguardo finale? Attenendoci a queste domande forse possiamo ricavarne qualche spunto onesto ed oggettivo, laddove le nostre personali emozioni, cultura ed esperienze esistenziali non distorgano visibilmente l'essenza stessa originaria. Ma alla fine è comunque sempre solo ed esclusivamente di noi che possiamo parlare attraverso parole a descrivere le emozioni o le esperienze di un'altra persona. Perché, va detto, ciò che accade in noi e attorno a noi è l'unica cosa che possiamo realmente conoscere e decodificare, attenendoci appunto a questi nostri parametri, gli unici, conosciuti.
No. Non è facile.
Nel caso in oggetto di questo libro manifesto di Pablo T. è praticamente impossibile.
Perché "Lo scopatore di anime" non si legge ma si vive. Non scegliamo di farci o non farci prendere per mano, ma subiamo, affascinati, la complessità e l'asprezza di un parlare senza filtri. Non ne siamo avvezzi, diciamocela tutta. Non abbiamo pratica di questo accogliere e ascoltare incondizionato. O a prescindere.
Nelle prime pagine, nei primi due capitoli, non abbiamo nemmeno appigli geografici, semantici, estetici o didascalici se non immaginifici che ci possano aiutare ad orientarci. Non c'è un nome né un personaggio da poter inquadrare nei nostri possibili schemi personali acquisiti, consci o inconsci.
C'è una voce. Nulla di più ma nemmeno nulla di meno. Una voce e una scelta basale. La scelta di essere liberi che è l'unica libertà che ha reale valenza.
Condividendo un concetto iniziale che tramite questa "voce" Pablo T. ci offre, riporto a mio modo questo assioma: nell'unica legge non scritta, che tutti noi obbligatoriamente rispettiamo, è sancito, nella nostra esistenza, il nascere e il morire.In mezzo rimane un'unica e immensa opportunità di cambiare la nostra condizione e, quindi, l'unica vera scelta possibile: "adeguarci o reagire. Affrontare o battere in ritirata." Ancora perciò tutto si riaggancia alla scelta di vivere o sopravvivere, e sopravvivere è sempre e comunque un morire, lento che possa essere.
In un lessico crudo, non mediato da ripudiati conformismi, nè edulcorato, è questo che dall'inizio questa voce ci sbatte addosso. Ed è una voce che già temiamo possa assomigliare alla nostra, inascoltata, che abbiamo tacitato per tutta la nostra vita. O la nostra sopravvivenza, a questo punto. La nostra anima oscilla tra il senso di vuoto e la nausea dell'occlusione. Come in un amplesso violento non voluto, ma necessario.
E' veemente e pregno di livore genuino l'inizio di questo attacco all'idiozia e a chi accetta di subirla; contro chi fa girare il mondo al suo cieco ed egoistico volere e contro chi accetta di girare nello stesso senso per non dover faticare e sudare scomodamente. Sembrerebbe, in questi primi intensi due capitoli, quasi un solito "vomitare contro" ormai quasi demagogico se non che l'attacco in questione investe parimenti burattinai e burattini, colpevoli e vittime ancora più colpevoli per il fatto di esserlo. Perché lo si è solo con una delle due scelte possibili. L'altra è reagire, combattere, piuttosto cadere per non dover restare in ginocchio per sempre. Dare ascolto onesto e non mediato a questa voce è già cominciare ad essere artefici di una propria "Trasformazione".
"Rompere equilibri per ritrovare il proprio".
In verità l''unica possibilità che abbiamo per ritrovarlo.
Questi due primi capitoli, come lo stesso Pablo T ha avuto modo di confermarmi, sono solo una porta immaginaria che si apre sul vero e proprio raccontare.
Un raccontare che aspetta tutti noi per poter vivere realmente nella nostra consapevolezza. Coraggio, fate la vostra scelta!
Tutto scorre? Tutto si dipana correttamente? E' scritto bene? E' riuscita questa storia, questo libro, a prenderti per mano per arrivare impaziente al traguardo finale? Attenendoci a queste domande forse possiamo ricavarne qualche spunto onesto ed oggettivo, laddove le nostre personali emozioni, cultura ed esperienze esistenziali non distorgano visibilmente l'essenza stessa originaria. Ma alla fine è comunque sempre solo ed esclusivamente di noi che possiamo parlare attraverso parole a descrivere le emozioni o le esperienze di un'altra persona. Perché, va detto, ciò che accade in noi e attorno a noi è l'unica cosa che possiamo realmente conoscere e decodificare, attenendoci appunto a questi nostri parametri, gli unici, conosciuti.
No. Non è facile.
Nel caso in oggetto di questo libro manifesto di Pablo T. è praticamente impossibile.
Perché "Lo scopatore di anime" non si legge ma si vive. Non scegliamo di farci o non farci prendere per mano, ma subiamo, affascinati, la complessità e l'asprezza di un parlare senza filtri. Non ne siamo avvezzi, diciamocela tutta. Non abbiamo pratica di questo accogliere e ascoltare incondizionato. O a prescindere.
Nelle prime pagine, nei primi due capitoli, non abbiamo nemmeno appigli geografici, semantici, estetici o didascalici se non immaginifici che ci possano aiutare ad orientarci. Non c'è un nome né un personaggio da poter inquadrare nei nostri possibili schemi personali acquisiti, consci o inconsci.
C'è una voce. Nulla di più ma nemmeno nulla di meno. Una voce e una scelta basale. La scelta di essere liberi che è l'unica libertà che ha reale valenza.
Condividendo un concetto iniziale che tramite questa "voce" Pablo T. ci offre, riporto a mio modo questo assioma: nell'unica legge non scritta, che tutti noi obbligatoriamente rispettiamo, è sancito, nella nostra esistenza, il nascere e il morire.In mezzo rimane un'unica e immensa opportunità di cambiare la nostra condizione e, quindi, l'unica vera scelta possibile: "adeguarci o reagire. Affrontare o battere in ritirata." Ancora perciò tutto si riaggancia alla scelta di vivere o sopravvivere, e sopravvivere è sempre e comunque un morire, lento che possa essere.
In un lessico crudo, non mediato da ripudiati conformismi, nè edulcorato, è questo che dall'inizio questa voce ci sbatte addosso. Ed è una voce che già temiamo possa assomigliare alla nostra, inascoltata, che abbiamo tacitato per tutta la nostra vita. O la nostra sopravvivenza, a questo punto. La nostra anima oscilla tra il senso di vuoto e la nausea dell'occlusione. Come in un amplesso violento non voluto, ma necessario.
E' veemente e pregno di livore genuino l'inizio di questo attacco all'idiozia e a chi accetta di subirla; contro chi fa girare il mondo al suo cieco ed egoistico volere e contro chi accetta di girare nello stesso senso per non dover faticare e sudare scomodamente. Sembrerebbe, in questi primi intensi due capitoli, quasi un solito "vomitare contro" ormai quasi demagogico se non che l'attacco in questione investe parimenti burattinai e burattini, colpevoli e vittime ancora più colpevoli per il fatto di esserlo. Perché lo si è solo con una delle due scelte possibili. L'altra è reagire, combattere, piuttosto cadere per non dover restare in ginocchio per sempre. Dare ascolto onesto e non mediato a questa voce è già cominciare ad essere artefici di una propria "Trasformazione".
"Rompere equilibri per ritrovare il proprio".
In verità l''unica possibilità che abbiamo per ritrovarlo.
Questi due primi capitoli, come lo stesso Pablo T ha avuto modo di confermarmi, sono solo una porta immaginaria che si apre sul vero e proprio raccontare.
Un raccontare che aspetta tutti noi per poter vivere realmente nella nostra consapevolezza. Coraggio, fate la vostra scelta!
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