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Recensione introduttiva
Seconda puntata
Siamo al quinto capitolo. Breve. E già siamo obbligati a
rileggere due volte il primo paragrafo perché tanta profondità non può essere
contenuta in una sola lettura. O forse è un pretesto per ritrastullarmi, tra
dita di pupille, pensieri in prestito da farmi rimpiangere non essere miei. Ma è così da molte parole.
Un centellinare d'organolettica curiosità cercando di identificare persistenze
e retrogusti di nicchia, come un pregiato "Sfursat" valtellinese o un
Sauvignon "Quartz" di acrobatiche sfumature... quell'intenso
"piscio di gatto" ad esaltarsi al gusto in onde delicate ed
aromatiche. L'inaspettato dentro elevate aspettative!
La notte si annuncia da suoni e immagini quasi jazzistiche:
una tromba solitaria in lontananza, un cane che taglia lo sguardo indolente nel
suo dinoccolato attraversare pensieri ancora socchiusi. E col suono di grida
urbane riconosciute si apre la finestra su Gerard, un compagno di questi viaggi
notturni di Rendié. Un'isola in guerra col mondo delle buone maniere, in un
anticonformismo figlio della sua omosessualità. Non "Checca" né
effeminato, si chiedeva, rispondendosi che forse non era il suo corpo ad essere
diverso ma la sua anima. Ma chi era diverso? E da chi?
Rendié scende in soccorso dell'amico ubriaco traghettandolo
in porti sicuri, anima affine dallo sguardo non ingannato dall'apparenza,
Gerard, e con zavorre di sensi di colpa che prima o poi avrebbero bruciato
tutto il suo carburante, spegnendolo. Gerard è un retrogusto amarognolo nella
sua consapevolezza d'inadeguatezza a prescindere. La sua frase di commiato, con
voce impastata dall'alcool è una perla assoluta di saggia e lucida
consapevolezza che ci fa riflettere sulla qualità dell'esistere demandata agli
altri, volenti o nolenti.
"Quanto può
tenerci in errore il giudizio degli altri, quanto può condizionare le nostre
scelte, scardinare le certezze, confondere le intenzioni e separare gli
affetti. Eppure, sappiate che, quando la sua bocca avrà terminato di masticare
le nostre cose più care, a noi rimarrà il rimpianto di averlo nutrito di troppa
considerazione."
Rendié spegne
l'interruttore e va via, nella riflessione che è esattamente quello che tutti sanno
fare meglio, quell'abitudine di allontanarsi gli uni dagli altri.
E con lui entriamo nel meraviglioso Universo del sesto
capitolo. In una notte dentro la quale lui aveva tacitato il mondo e tutte le voci, da
"quella fuori luogo degli idioti" fino a quella del "buonismo di
quelli che giustificano tutto." Nel suo appartamento e già nostalgico del
dissetante fiume della strada. Alla porta suona, e si presenta davanti a lui, una
donna.
Qui sono obbligato a fare una retromarcia interpretativa, o
meglio, esplicativa. Il rischio ventilato di un recensire "work in
progress" che può non contemplare un personaggio che scopri in seguito
essere "portante" di trame fondamentali. Un mio errore
interpretativo, indubbiamente. Nel terzo capitolo, nella ridda di nuove
empatiche sensazioni da esplorare finalmente in prima persona, dentro geografie
a tutto tondo di un animo preso in prestito, avevo accantonato un incontro che
da glissare non era. Certo, in una recensione "seria", che si inizia
a parole scritte terminate, e quindi inappellabili, l'avrei sicuramente messa
al centro della scena. L'avrei comunque dovuto fare perché i presupposti e gli
spunti emotivi c'erano già tutti. Mea
culpa. Ma tra queste pagine la mia paura, lo confesso, è quella di
ritrascriverle tutte perché tutte degne di sottolineature epidermiche e sotto
sterno. Dunque, desidero convenire, certe scelte vanno comunque sempre fatte,
corrette o meno.
Rewind: la donna alla porta Rendié l'aveva incontrata
in uno dei soliti bar-approdo delle sue notti. L'aveva studiata e ammirata, dal
suo trespolo distante, nel di lei coriaceo e deciso esser donna. Gambe da
gazzella, bionda e muro invalicabile per le miserie che cercavano di
abbordarla. Rendié l'aveva capita e lei aveva "riconosciuto" lui. Lei
gli aveva chiesto, sfidando il suo sorriso, di dirle qualcosa d'intelligente
per evaporare i cattivi pensieri e il nostro eroe underground semplicemente le
aveva detto: "Quanto sei intelligente, donna. Mi scoperei la tua
intelligenza." Ne risero. E nel letto di lei scoparono le proprie
solitudini e i piccoli ritagli di tempo che in quel momento appartenevano loro.
La stessa donna che ora Rendié si ritrova davanti alla sua
porta. Stupito la fa entrare e in quell'immediato abbraccio stretto Rendié
comprese immediatamente la sua valenza: "un abbraccio dell'anima che
si fa carne e si rende visibile per un
attimo." E ancor prima che le mani producessero un contatto, prima che
labbra si mordessero, gli occhi si erano già dissetati e gli universi
allineati. Il "Big Bang" già iniziato.
E' un'immersione sublime nell'amore in sfaccettature -
carati - raramente espresse - esposti - così efficacemente. Pagine, queste,
letteralmente da sottolineare compulsivamente come se il sottolineare un
concetto bastasse a farlo tuo per sempre. Una matrioska di acrobatiche perle
lessicali, dialoghi quasi troppo profondi per pensarli veri, non fosse che già
ti sei dimenticato di essere solo un lettore, per giunta privilegiato voyeur, ma affermeresti sotto giuramento
che tue sono quelle parole che chiudono e racchiudono il senso più segreto
dell'amore che rifulge da quel diamante insito in ognuno di noi.
Una tra le pagine più suggestive sul mistero dell'amore.
Misterioso per nostra inculcata e addomesticata ignoranza, va detto. L'amore
non serve dirselo: si banalizzerebbe. Forse inizia ma poi, se parliamo di
Amore, non finisce mai.
L'infinito dentro una parentesi. E la seconda parentesi è un
dato di fatto che sia chiusa. "A chi
parte resta un calco del suo cuore. A chi resta, parte un ologramma del suo
cuore. Non ci sono soluzioni se non nella testa.” Rendié era rimasto e
Regina, questo il suo nome, era partita. Ma l'amore è.
"Amore come aria?
Sì. Perché non si può controllare l'aria, puoi cercare di respirarla finché
c'è."
E lo farai fino all'ultimo istante vitale.
Rendié stesso conclude: "...
Perché lì dove avevo lasciato il cuore, lì c'era la mia vera residenza. La
felicità era solo quell'istante in cui tutto ciò che gli altri non riuscivano a
vedere ... ti apparteneva."
Il paragrafo immediatamente successivo, nemmeno il tempo di
far sedimentare questo stordimento per l'inattesa epifania di un attimo
d'eterno, ti riproietta nella mente del nostro protagonista, appeso
nell'indefinito, a parare sprazzi di luce sulle abbaglianti inconoscibili
definizioni dell'anima, in un elenco a fiato corto a confermarti un'anima,
invisibile ma tua a pieno grado. O meglio, tu in qualche grado figlio della sua
fertile immortalità. Pagine senza trama, invero drammatiche per un casuale
recensore, come il sottoscritto, di storie scritte, ma altresì pagine sempre portanti
di ogni trama inventabile anche dalla più feconda fantasia. Dovrei riportare
ogni singola riga, ogni singola frase, che ha squarciato di luce radicate
consapevolezze. Non mi sembra corretto. Posso solo invitare gli indecisi ad
entrare in questo amplesso di Spirito. Perché ciò che pensi di aver davvero
catturato è solo la veste di un'anima invisibile ma presente nella carne.
L'anima non è nulla di ciò che mai potremo pensare. Non ci è semplicemente dato
misurarla in parametri umani. Forse nei
sogni.
"Ai sognatori,
dunque, l'onere di descrivere il cielo, a tutti gli altri l'onore di usare quel
cielo come unico tetto."
E continuano le immagini, le similitudini sorprendenti. Che
fare se non farsi travolgere? Impossibile descriverle, o peggio ancora,
sintetizzarle. La bellezza che ho incontrato non può essere supportata dalle
mie altre poche e limitate parole. Non posso certo copiare perle di verità da
condividere. Ma la verità è solo esistenziale. Entrate nel libro e vivetele sul
vostro discernimento allenabile!
Cominciamo quindi a comprenderlo meglio, Rendié. Quest'uomo
"underground", come lui stesso si dichiara, che da sempre viaggia
controvento "resistendo alle sferzate dell'esistenza."
Un uomo che tiene ancora accesa la speranza a discapito di
un infinito rifrangere d'onda contro il medesimo scoglio. Nel suo cinismo
pregno di consapevolezza non la nega a nessuno, a priori. Non a se stesso,
soprattutto. Chiunque può liberarsi e lo può fare quando finalmente smette di
credersi libero.
Perché "la Speranza esiste ... è sguardo che emerge dal
presente, alla ricerca spasmodica del futuro."
Domani potrà essere tutto se il seme adeguato è stato
correttamente immesso nel sempre fertile presente, a discapito di aridità
innegabili. Aridità che è invece pur sempre possibile negarle. Basta affermare
la Speranza nella sua concezione più vera e profonda. Più attiva ed agente.
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