giovedì 5 dicembre 2013

Seconda puntata della recensione a "Lo scopatore di anime" di Pablo T


(Per chi si fosse persa la “Recensione Introduttiva” può rimediare cliccando Q U I )

Continuo la mia recensione "work in progress", con emozioni in presa diretta e non distorte da postumi senni. Un rischio ma anche una sfida ad eventuali personali retromarce interpretative. E una voglia di condividermi senza rete.
Dunque ho proseguito la lettura, nel mio volerla centellinare come si suole fare per nettari preziosi.

La "voce" mi aveva già vestito per affrontare "lo sporco" e, di contro, apprezzare i giusti sprazzi di pulito, quelli sempre non mediati.
Ora chi ci parla ha un confine, degli spazi e persone definite, e mai definitive, con le quali contrapporsi, con una lucidità apparentemente cinica. Volutamente, forse.
Ci ritroviamo in una periferia. Al centro, se una periferia può averlo. Tutto è come può essere, ma lo sguardo in prestito ci mostra il degrado. Quello morale. Quello che conferma "la voce" introduttiva. Ci mostra l'ineluttabile impotenza di ingranaggi alienanti e interazioni al limite del grottesco, quando svestite da convenzionali, passive, accettazioni. La penna di Pablo detta perfettamente i tempi e i ritmi del nostro camminare tra "quei" pensieri, del nostro stesso respirarlo e viverlo empaticamente.
Veniamo subito messi e immessi nella concretizzazione di pensieri d'ideologia conquistata sul campo con dolorosa fatica. Tutto è subito fattispecie per norme di saggezza esistenziale e non solo di sopravvivenza. No. Qui si parla subito della vita compresa in ogni muscolo e in ogni sguardo. Quello che la società non ci spiega e tenta di negare tacendola.

Dopo il "tutorial" della "Voce", quell'iniziale  "trainer atletico morale", veniamo quindi catapultati nella visione senza tregua e senza pause che "il personaggio", il nostro eroe che si contrappone allo sfondo degradato con lucidi pensieri in resta, ci offre dal suo punto di vista, e di proiezione, privilegiato e collaudato.
Ogni azione e ogni didascalia cruda diviene subito degradante e degradata. Come se la realtà fuori dalle pagine fosse davvero onirica, mentre lo sguardo preso in prestito nel libro diviene quasi tattilmente un incubo dal quale, però, morbosamente, vogliamo vederne ogni prosecuzione.

Scrittori di strada, oltre ai molti per strada, ne abbiamo più o meno letti tutti, "maledetti" o meno. Ma qui sembra che Kerouac abbia fatto scandalosa comunella con Bukowski mentre un lisergico Majakovskij declinava loro la sua versione personale di "uomini e topi" di Steinbeck. Rubata, rivista e splendidamente corrotta. Ma questa è semplicemente la talentuosa, disincantata, penna di Pablo.
Una meravigliosa alchimia dentro la quale sguazzare come bambini attratti da una pozzanghera, senza preoccuparci di addurre poi giustificazioni plausibili e corrette.

E' facile, così almeno per me, ritrovarsi in dote residui di imbarazzo quando per le prime immersioni visionarie ci chiediamo ancora cosa accidenti ci facciamo lì in quello scomodo paragrafo, tra quelle pagine che nulla hanno di un consueto fantasticare. Direi un contrappasso, più che altro. Ma infiniti sono gli spunti riflessivi letteralmente sottolineabili, e sottolineati, in ogni frase di questo vademecum orgiastico eterico.

E in ogni sapiente aggettivazione di questo universo così fastidiosamente e scomodamente denudato, comprendiamo nuovi confini, nuovi contorni, nuove vedute di un personaggio in parte già identificato ma che potremo identificare con un nome solo dal quarto capitolo. Come a ribadire che Rendié, questo il suo nome, è solo una facciata rassicurante apposta sopra l'eventuale nome di ogni lettore che abbia scelto di entrarci fino in fondo in questa periferia del mondo, ma al centro.

 Ecco che d'incanto la nuda banalità squallida della strada - nel punto di vista narrante o principale di Rendié - diventa quasi impercettibilmente un luogo di aggettivazioni respiranti e comode. Un sollievo inaspettato dopo quel caterpillar d'angosciosa visione imperante. Qualcosa si sposta e la leva "miracolosa" è, come sempre, l'uomo nella sua essenza più sincera.
Conosciamo con lui Al il clochard, figura vera fuori dall'omologato mazzo di carte che la vita distribuisce, barando, ad ogni suo giocatore.
Dove sta la vera saggezza se non negli ultimi del mondo che non hanno per questo sguardo distorto da effimeri traguardi? Perle di saggezza in una cruda esposizione, senza mediare con perbenismi frenanti.
Dov'è il sud? Dov'è il nord? Solo catalogazioni e gabbie ristrette per chi non vuole vedersi piccolo in confini più veri. Ogni nord, infatti, è sempre a sud di qualcosa, in una sfera. E' questo il lato giusto della geografia esistenziale di ogni cittadino davvero del mondo!
Ed ecco Nadine la meretrice. "Una fica senza guardiano." Padrona di ogni proprio gesto. "La puttana matta". "Matta" come ogni persona padrona dei propri gesti istintivi.
Rapporti veri, non dovuti. Questi due amici di Rendié hanno scelto di essere se stessi in culo a tutti. Torna la parola "scegliere" come unica chiave di volta. E di esserlo nella notte, che la puzza dell'ipocrisia quotidiana è meno forte.
Farsi cambiare è farsi fottere. Punto. Fottere per scelta, dice Nadine, è salvaguardarsi da un tradirsi. Ovviamente per scelta.
L'assioma del nostro accompagnatore in questo universo senza rete né imbracature a salvarti dallo scoprire te stesso ha un concetto: " Ci sono persone che ti lasciano un vuoto incolmabile e altri, purtroppo, che ti lasciano colmo di vuoto." Ecco perché ogni sera finisce per cercare "quelle" persone, quegli amici affini, gli unici che gli facessero sentire la loro mancanza già dalla mattina dopo.”
Si fanno subito amare, a questo nostro punto del viaggio, Al e Nadine.
Ma Nadine... Donna con un'anima così sporca di vita da andarne fiera!
Ed improvvisamente appare chiaro il giusto concetto di "prossimo"! Non un altro ma chi ti siede accanto.

Non so voi, amici, ma io ora continuo il mio viaggio nell'Universo di Rendié... nell'Universo di Pablo.
A ritrovarci probabilmente tra due capitoli, se volete. È vostra la scelta.


Oliviero Angelo Fuina

Per leggere la terza puntata della recensione cliccate:  Q U I

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