martedì 3 dicembre 2013

20 Eventi a spettinare emozioni


“20 Eventi a spettinare emozioni” il mio ricordo per Cartoceto

“20 Eventi a spettinare emozioni” il mio ricordo per Cartoceto


Come una gita scolastica la prima avventura degli autori di David and Matthaus.

Seppi di Cartoceto solo qualche settimana prima della data della manifestazione “20 Eventi dal 20″ fortemente voluta dal mio Editore David and Matthaus. E qualche giorno dopo riuscii anche a metabolizzare e memorizzare il nome di questo piccolo e suggestivo paese marchigiano della provincia di Pesaro Urbino. Si era deciso per il 20 Luglio, dunque. Io, autore di questo Gruppo ufficialmente solo da due mesi, entrai in questo evento pubblico  rivestito da infinite emozioni anche tra loro contraddittorie. Il primo pensiero fu quello che avrei potuto incontrare autori “veri”, quelli coi loro bei libri già nelle vetrine librarie. Anch’io avevo la mia silloge pubblicata da pochissimo e messa in vendita a tutti gli effetti dal 7 giugno ma ancora non avevo compreso la portata reale di questo mio passo importante da sempre solo sognato e a dire il vero ancora non avevo avuto il piacere di avere una mia copia da poco in vendita tra le mani. In poche parole ero sì un autore del gruppo, ma tendevo a glissare io stesso su questo dato di fatto. Mi sentivo più un bambino in gita premio con la possibilità di poter incrociare e conoscere nomi per lo più solo letti, tranne qualche eccezione di interazione più approfondita. Anche con l’opportunità di poter incontrare finalmente il mio editore e poter guardare negli occhi la persona che aveva scelto l’azzardo di scommettere su di me. Non da poco, questo azzardo, pensavo sinceramente. E per me importante, se non fondamentale.
Nell’evento estivo di Cartoceto era anche prevista la premiazione del Concorso Nazionale poetico di LiberArte e la presentazione ufficiale della corrispondente antologia: “L’anima delle parole“. Avendo il privilegio e il piacere di essere uno dei membri di questo Team significava che avrei potuto anche incontrare finalmente gli amici e colleghi Elisabetta Bagli, Andrea Leonelli, Michela Zanarella e Gino Centofante. Ce n’era davvero abbastanza per sentirsi come a Natale, freddo e neve esclusi.
L’arrivo a Cartoceto fu avventuroso. D’altronde, arrivarci a cavallo di Trenitalia è spesso una chiave d’accesso privilegiata all’inconoscibile mondo senza tempo, o comunque regolato da leggi molto elastiche, di questo nostro mai certo universo parallelo come, appunto, possono esserlo due binari. Il piano era semplice: regionale da Lecco a Milano Centrale, quasi immediato Freccia Rossa fino a Bologna quindi super regionale fino a Fano. Partenza alle ore 7.00 e arrivo previsto poco dopo mezzogiorno. L’inizio ufficiale degli “Eventi” era previsto per le 18.00. Ma era un sabato caldo e d’ispirazione balneare di fine Luglio, questo non l’avevo messo in conto nella mia programmata tabella di marcia. Sapevo solo che a Faenza sarebbe salito l’amico, poeta e collega di Liberarte Andrea e che avremmo continuato il viaggio insieme. Già questo mi rendeva impaziente ed eccitato, sapendo che sarebbe stato il primo di tanti incontri fino a quel momento solo immaginati. A Bologna vidi arrivare il regionale per Fano e lo vidi anche ripartire mezz’ora dopo sempre stipato da quella stessa massa di giovani pendolari del mare Adriatico, senza alcun nuovo ingresso nei vagoni, a sfidare ogni legge fisica conosciuta, della moltitudine di passeggeri fermi con me al marciapiede. Avvisai Andrea della situazione verificatasi e accettò di prendere il successivo regionale anche lui. Che arrivò a Bologna, per me, mezz’ora dopo. E continuò a sommare ritardi su ritardi ogni stazione successiva che si fermava per farsi ammirare e non prendere. Andrea salì comunque a Faenza e mi raggiunse nell’unico posto libero che, con l’aiuto di due occasionali compagne di viaggio, gli avevamo a fatica preservato. Trovarmi con lui e scoprirci anime affini, confermandoci la conoscenza e la confidenza maturata sino a quel momento solo nel virtuale, fu la prima splendida conferma di tutte le altre conferme avute in dono con moltissimi altri autori imbarcati nella stessa avventura editoriale. Arrivammo oltre le 14 a Fano e riuscimmo, grazie al caro Gianluca Battistelli e alla gentilissima Patrizia Traiani, a raggiungere il convento sopra Cartoceto per riunirci alla nostra responsabile di Collana Castalide Elisabetta Bagli (grazie alla quale potei farmi conoscere dall’editore stesso), alla splendida poetessa Michela Zanarella e all’amico, scrittore, attore e giornalista Giuseppe Lorin. L’amico e collega Gino ci avrebbe raggiunto solo in serata. Pagandone scanzonato scotto.
L’ospitalità commovente delle suore diede modo ad Andrea e al sottoscritto di poter pranzare di qualità e quantità in orario non consono per poi sistemare velocemente i nostri bagagli nelle ampie e confortevoli camere predisposte per noi lì al Convento. Con noi di Liberarte alloggiavano nel secolare convento anche la scrittrice Francesca Marano con il suo simpaticissimo compagno Michele e alcuni altri scrittori con le rispettive famiglie, tra i quali l’assaghese Walter Frassi.
Il pulmino navetta messo a nostra disposizione dal Comune di Cartoceto venne un’ora dopo a spezzare il silenzio prezioso di quella collina dagli infiniti orizzonti per portarci finalmente a Cartoceto, nel cuore storico e artistico dell’antico palazzo Comunale. Respirai da subito la rinfrescante brezza artistica, quel vento per me nuovo e corroborante, che per due sere mi avrebbe spettinato di emozioni.
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Dalla piazza principale tutti noi, come un’allegra scolaresca in gita, imboccammo una delle suggestive vie di quel borgo marchigiano che si affaccia su morbidi declivi ad accarezzare sguardi e raggiungemmo l’ingresso dello splendido palazzo Comunale che il Sindaco aveva messo gentilmente, con sincera passione, a nostra disposizione per questa manifestazione culturale aggregante e di profonda condivisione. Potei così finalmente incontrare Sara e Francesca che avevano professionalmente curato l’editing della mia silloge e Maria Castaldo che spesso aveva rappresentato l’ideale e paziente trait-d’union tra tutti noi autori e la Casa Editrice. Cominciai a conoscere il giovane scrittore Alessio Silo che avrei imparato ad apprezzare sempre di più nei mesi seguenti, abbracciai finalmente quella splendida persona che risponde al nome di Ciro Pinto che pur non essendo autore della nostra stessa casa editrice è sempre in prima fila nelle manifestazioni dove l’arte, la letteratura e l’entusiasmo di voler costruire qualcosa di solido e duraturo vanno a braccetto.
Nei frenetici momenti prima dell’inizio ufficiale dell’Evento ci preparammo, noi di LiberArte, per una scaletta di presentazioni e proclamazioni degli autori da noi segnalati meritevoli per le loro Opere. Servì anche questo a non farmi pensare troppo all’enormità, per me, di quel mio ritrovarmi dentro un sogno che avevo sempre tenuto quasi con pudore dentro il mio sguardo. Giovanni ci accolse come quella persona splendida e ricca di umanità qual è. Come quella persona che sapeva esattamente di noi e il motivo per cui tutti noi eravamo lì riuniti a condividere un sogno che per me si stava realizzando concretamente proprio in quella occasione.
Quanti volti a cui dover dare un nome e subito dopo ritrovarsi a scoprire di esserci già conosciuti per quello che tutti noi realmente eravamo! Un naturale riconoscerci e confermarci. L’esperienza diretta che suffragava il virtuale. E questo fu possibile, ora ne sono consapevole,  perché tutti noi ci siamo sempre mostrati e condivisi per le persone che in vero eravamo. Ricordo ancora quel signore dalla faccia simpatica e dalla cadenza emiliana che iniziò a parlare con me e che subito dopo scoprii essere lo stimato Gastone Cappelloni, un nome che da anni seguivo e con il quale interagivo nell’universo poetico del Web. Allora anche lui non era ancora un autore della David and Matthaus ma la sua presenza testimoniò per lui che la passione per parole artisticamente confezionate non ha mai un cortile, un agorà, ben definita ma è meravigliosamente apolide.
Cartoceto è anche il paese di un autore e di una luminosa persona che nel suo saper lottare per affermare quel suo splendido sorriso alla vita mi era e continua ad essermi riferimento. Parlo di Giuseppe Frassinelli. Essere tutti noi lì a “casa” sua lo ritenni da subito bellissimo e importante. Tra le grandi donne che unitamente a Giovanni Fabiano coniugava l’editoria con l’arte e con progetti encomiabili che entravano nella sfera del sociale e della cooperazione in funzione di realtà più sfortunate annovero sua moglie Laura Armanni. Il sorriso aperto d’accoglienza e di riconoscimento valse più di mille parole.
Tra quelle pietre antiche e nobili che trasudavano storia, su quel palco in fondo alla sala, tutti noi avremmo avuto parola e pubblica visibilità. Equamente e senza distinzione alcuna. Tutti compagni di viaggio con medesime ali a tracciare unica rotta.
Appena entrati, nella “navata” a sinistra, le suggestive pareti in pietra erano addobbate da splendide fotografie di due talentuosi fotografi: Alberto Bonomo e Wilson Santinelli, che tra l’altro, quest’ultimo, aveva realizzato la splendida copertina che impreziosiva la mia silloge. Come quelle di tantissimi autori. Wilson stesso immortalò entrambe le serate con fotografie sempre significative, riuscendo a condividere quell’alchimia, quella magia unica, anche ad altri autori impossibilitati ad intervenire e che nei giorni seguenti avrebbero potuto comprendere ciò che di straordinario a Cartoceto stava avvenendo.
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Ricordo ancora il mio atavico imbarazzo unito però all’orgoglio, quella prima volta (per me in assoluto) che salii sul palco insieme agli altri amici e membri del team Liberarte. Tutti noi regalammo un pensiero su quella nostra splendida esperienza di organizzatori e curatori dell’omonimo concorso ricordando doverosamente la grande Nicoletta Letta che più di tutti aveva voluto realizzare quell’evento e che per un grave impedimento non aveva potuto essere fisicamente tra noi. Ma lo era con lo spirito e con tutto ciò che lei per noi rappresentava. L’emozione travolse naturalmente tutti i presenti quando Giuseppe Lorin salì sul palco con noi e Giovanni a declamare una poesia che noi di Liberarte, congiuntamente, avevamo voluto scrivere e dedicare proprio a lei, messa nelle prime pagine dell’Antologia “L’anima delle parole” che ufficialmente stavamo presentando e che a lei era dedicata. Lorin fu come sempre bravissimo nel trasmettere l’emozione originale che avevamo profuso a cuore pieno nella lirica stessa. Molti gli occhi lucidi e, fra tutte, le lacrime di Francesca mi colpirono particolarmente, emblematiche del grande affetto e amore che Nicoletta aveva saputo consolidare e affermare semplicemente proponendosi per la bella persona che era ed è. Le mie, per pudore innato, rimasero solo affacciate ai bordi dei miei occhi mentre pensavo a come asciugare con una delicata carezza quelle che vedevo davanti a me, in prima fila.
Personalmente salii su quel palco, quella prima sera, ancora un paio di volte. La prima a proclamare meritevole di uno dei premi speciali della giuria il poeta Papagni, leggendone la motivazione e affiancando lo stesso Papagni nella lettura della sua poesia da noi segnalata; la seconda quando, senza preavviso, fui chiamato a parlare della mia silloge. L’emozione si amplificò quando, con mia sorpresa, l’editore mi consegnò la copia zero delle mie “Orme sull’acqua“. La prima volta che tangibilmente potevo avere tra le mani un sogno diventato realtà! Una splendida e confusa emozione che comunque ricordo ancora intensamente e che resterà indelebile in quello che spero sia solo l’inizio di un lungo e appagante Viaggio. L’agitazione che vissi poi al pensiero di cosa avrei potuto dire a tutte quelle persone, davvero tante, presenti nella sala mi fece balzare il cuore in gola che spero riuscii a non far notare col mio sorriso che mi si disegnò autonomo nel poter parlare di un qualcosa che ben mi rappresentava. Ricordo bene l’ostacolo quasi insormontabile di cominciare a formulare un attacco logico al mio voler spiegare l’essenza di quelle mie “orme sull’acqua” e poi non ricordo più nulla se non il suono della mia voce che ininterrottamente sembrava esternare qualcosa comunque di comprensibile, dato i tanti sguardi partecipi e attenti che tutte le persone mi stavano regalando. Parlai a lungo e, spero, non dilungandomi, e alla fine potei leggere una mia poesia che penso sia sempre il modo migliore per comunicare ciò che un poeta è e sa trasmettere. Lessi “Io sono tutto ciò che resta di me” e gli occhi lucidi che intercettai durante la lettura e l’applauso sorprendente che suggellò il mio distico finale mi diedero per la prima volta la certezza che anch’io, al pari di tutti gli altri autori, ero legittimato a calcare quel palco dei nostri sogni. Ci alternammo tutti a premiare poeti che con le loro poesie si erano a nostro giudizio evidenziati più degli altri nel concorso, in un livello generale comunque di notevole spessore. Ciro Pinto fu uno tra questi, mentre il poeta Davide Colacrai si aggiudicò  il primo posto vincendo la splendida opportunità di avere la propria silloge pubblicata dal nostro gruppo editoriale. Un premio davvero di notevole valore.
In quelle due serate quasi irripetibili per l’alchimia del luogo e dei presenti e per l’intensità e la varietà delle proposte che si alternavano sul palco il mondo esterno sembrava essersi eclissato al cospetto di questo splendido Universo artistico così riccamente rappresentato, tra quelle storiche mura di Cartoceto.
A Francesca Marano con le sue fiabe si alternò Lucia Collo col suo libro sul mondo del lavoro, così come Walter Frassi con il suo interessante libro a denunciare, in una esperienza vissuta in prima persona, una situazione di forte disagio economico patito sempre nel mondo del lavoro e ad Alfredo Bertocchi con il suo romanzo intrigante. L’esplosiva Maria Pia Busiello incantò tutti con le sue filastrocche per bambini  dai forti valori universali e condivisibili. Le recitò, anzi, le fece letteralmente vivere con l’intensità adeguata del suo sorridente e coinvolgente declamarle. C’era davvero tutto ciò che esaltava un comunicare profondo e una condivisione artistica a 360° ! Giovanni, dall’alto del suo splendido e capace saper organizzare l’evento, non ci fece nemmeno mancare alcuni momenti musicali che due giovanissime interpreti ci regalarono con le loro voci talentuose (una di loro era Valentina Baldelli la giovane cantante che aveva partecipato alla trasmissione televisiva della RAI “Ti lascio una canzone“) e un progetto di scrittura realizzato con la scuola elementare di Tavernelle di Serrungarina (PU) grazie alla simpatica esuberanza e l’infinito amore per quel progetto stesso e per i piccoli allievi da parte della Maestra Rita Fabiani, insieme ai genitori stessi degli alunni. Una sinestesia sorprendente e riuscitissima, che la nostra casa editrice aveva reso unica avallandola.
Vere “gocce di vita” ci dissetarono quando sul palco Giuseppe Frassinelli parlò del suo omonimo romanzo autobiografico, quasi stordendomi della sua grandezza di persona e solarità d’animo. Molti e molti amici e colleghi si alternarono sopra quel palco al centro del nostro mondo, l’unico esistente per noi in quelle due sere e citarli tutti sarebbe quasi impossibile. Comunque improponibile. Posso aggiungere “Da Monteverde al mare“, il libro del bravissimo Giuseppe Lorin su affascinanti aneddoti, storia e architettura di quel quartiere romano, “L’estetica dell’Oltre” di Michela Zanarella, “Dietro lo sguardo” di Elisabetta Bagli e “Penombre” di Andrea Leonelli e molti e molti altri ancora straordinari autori che la capacità e la lungimiranza di David and Matthaus è riuscita ad accorpare in quell’isola felice, dove si privilegiano veri valori familiari coniugati all’elevata professionalità di tutti i collaboratori, che è il Gruppo Editoriale con tutte le sue tante e specifiche Collane. Potrei citare ancora la bravissima scrittrice Sara Cerri col suo “Isadora Duncan“, Emanuela Arlotta – che prima di allora conoscevo solo col nickname “Volo dei sensi” – ma penso che la straordinaria varietà di talenti che hanno reso magico l’evento a Cartoceto si sia compresa. Tutti, indistintamente, ad avere pari spazio, peso e visibilità come Giovanni Fabiano fortemente aveva voluto e programmato. Non solo, in quella straordinaria parata artistica trovarono spazio e menzione significativa anche gli altri autori impossibilitati ad essere presenti a Cartoceto. Come non applaudire Giovanni per questo suo incondizionato affetto verso tutti i propri autori voluti in quella grande famiglia (nel senso più ampio e positivo del termine) che “David and Matthaus” rappresentava?
Nella seconda serata ho avuto, inoltre, l’indubbio onore di salire di nuovo sul palco anche per presentare un progetto particolare nato prevalentemente dall’amico e scrittore Michele Gardoni , purtroppo assente a Cartoceto per motivi di lavoro, e con me condiviso in una delle nostre notti nelle quali amavamo confrontare  pensieri e riflessioni, un progetto nato inizialmente per permetterci di dare il nostro contributo e la nostra testimonianza in favore delle persone meno fortunate e diversamente abili. L’emblematico titolo “DiVerso InVerso” penso racchiuda il senso più vero di questa nostra idea subito avvalorata e appoggiata dal nostro editore. E diversamente, conoscendolo, non poteva essere.
Lunedì a pranzo il pulmino comunale ci venne a prendere per l’ultima volta allo splendido convento delle suore Discepole di Gesù Eucaristico e ci riportò a Fano dove salutai per l’ultima volta gli splendidi compagni di viaggio che in quei due giorni d’eventi e di condivisioni mi avevano arricchito enormemente.
Partii con negli occhi mille episodi, mille sorrisi e tsunami di entusiasmo, con la consapevolezza di aver incontrato persone splendide e vere e la certezza che questo nostro comune e immenso sogno sarebbe continuato ad occhi ben aperti e in punta di penna che avrebbe rappresentato al meglio l’essenza più profonda di ognuno di noi.

Vidi ancora nella mente sorridente Elisabetta e Michela giocare come bambine sul girello del parco di Cartoceto domenica mattina, l’incontro e l’abbraccio sempre nel parco di tutti noi con Frassinelli, regalandoci scatti fotografici sinceri a futura dolce memoria, la piacevole e intima chiacchierata con Pinto sotto il chiostro nel giardino del convento, confrontandoci su valori familiari, figli e arte, le passeggiate per scalinate e vicoli della splendida e suggestiva Cartoceto. Adriano Spaziani, Alessio Silo, Giuseppe Lorin, tutti noi di LiberArte in un condividere come dono prezioso anche il nostro complice e ammirato silenzio e la gioia di essere tutti insieme in un luogo e in un evento che ci rappresentava al meglio. Una grande famiglia, allargata, con sentimenti quasi indescrivibili comuni a tutti. E infine, quasi a emblema di quel nostro esserci ri-trovati a Cartoceto, la piazzetta antistante il palazzo degli eventi e quel muretto che ci fu sfondo e balconata per abbracci, fotografie d’anima in flash di sorrisi.
Ripartii dunque, almeno fino a Faenza, con l’amico Andrea Leonelli, ancora non conscio che l’avventura a cavallo di Trenitalia, da Bologna, non si sarebbe fatta attendere e ,anzi, si sarebbe ampliata fino al mio notturno rientro a casa, su “quel ramo del lago di Como” ora di vanto alla postuma provincia di Lecco.


Articolo pubblicato su "Anima Magazine": Q U I


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