venerdì 5 dicembre 2014

Meriggio di pioggia

 
 
 
Nel pomeriggio che il sole si bagna
anche i miei gesti danzano in silenzio
nel ritmico ascoltare il mondo fuori
tacendo ogni disagio nell'attesa
 
e invento, dei sapori, sinfonia
aromi sfrigolando nella stanza
mio figlio corre corde a fiato corto
sorrido nella tregua del maltempo
 
che poi questa valenza è relativa
negli orizzonti visti dentro il cuore
è qui che adesso poso il mio respiro
e ancora non mi chiama alcuna urgenza
 
Si acquietano i pensieri già al riparo
mentre parole tornano in carezza
a fior di labbra, da distanze varie,
dentro lo sguardo in luoghi condivisi
 
Piove, e preservo.nella bolla i passi,
senza partenze e inviso è ogni traguardo
nel privilegio d'essere al presente
mentre i futuri scivolano strade.
 
18/05/13
(Oliviero Angelo Fuina)
 
[Inedito - Tutti i diritti riservati]

Memento in ritmo sette

 
 
 
Le inascoltate voci
riempiono i silenzi
lanciando le canzoni
agli angoli capienti
di stanza in luce fioca
sfumando in giallo il foglio,
recinto del mio stare,
nel letto di un inchiostro.
 
La notte che c'è fuori
nasconde il prato verde
del mio strappare altezze
per l'ordine visivo
ma nulla può al sentore
d'un taglio inumidito
che giunge alle mie nari
nel maggio più sincero.
 
Ho spento le finestre
sui nomi senza vista
spingendo negli spazi
parole a segna-posto
per esserci a distanza
sognando ancora abbracci
mai nati nel calore
di un mondo parallelo
 
e voci dentro note
annotano distratte
un oltre al mio memento
che nasce nell'istante
già inciso sul papiro
in duplice lettura
di ciò che adesso guardo
e quello che vedrete.
 
Gli anelli all'orizzonte
involvono sfumando
e cieco è l'occhio lungo
che annulla le pareti
e amplifica il ritorno
di un ballo solitario
tra pieghe di una folla
nel folle possedere.
 
04/05/13
(Oliviero Angelo Fuina)
 
[Inedito - Tutti i diritti riservati]
 


lunedì 24 novembre 2014

La garza del silenzio è sempre infetta

Il mio "Insospettabile click" dei 20 della manifestazione di Messina

 
Le vedi nei sorrisi di facciata
occhiali scuri, spesso, a mascherare
troppi i fiori violacei sulla pelle
e quelle grida annegate nel sale

L’arroganza misogina inculcata
è tara ereditaria più nefasta
dove è l’Uomo che perde la saggezza
tacitando del creato l’armonia

La garza del silenzio è sempre infetta
- si incancrenisce il tessuto sociale –
ridiamo fiato non chinando il capo
perché di ogni silenzio abbiamo colpa

Si spezza l’equilibrio più divino
ed ogni unione alchemica decade
il calice più sacro si frantuma
perché di ogni creato il Dio è la Madre

Ferita dignità di razza umana
ad ogni colpo inferto sulla Donna
ma la violenza che nessuno addita
è anche nel rispetto calpestato

e voi che date voce a questi versi
urlate la condanna a viso aperto
chi non accusa è pari all’accusato
si uccide anche girando il viso altrove

- Nessuno vince quando muore il seme
del Sacro Femminino che è dell’Uomo –

05/11/14
[Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati]


 


venerdì 7 novembre 2014

Padre e figlio

 
 
 
Sei ramo che allontani la radice
nell'unico tuo viaggio verso il sole
lei sente la sua linfa che ti giunge
tu senti frutti e foglie nella brezza
 
Vicino alle altre fronde a rispecchiarti
dal tronco la distanza infine sfugge
e il cieco mormorare di corteccia
non senti ormai proteso alla tua luce
 
Eppure il quieto faggio ti dà slancio
e ascolta tutti i passeri sul palmo
il nome che si è dato ti contempla
ma il tuo volare alto ti allontana
 
L'autunno giungerà a spogliar le ali
e allora attingerai da quella forza
al dunque consapevole del tutto
di un nome e di una linfa che completa
 
e i frutti non cadranno mai distanti
dal ciclo di stagioni del tuo mondo
ed ogni fine è solo un nuovo inizio
costante la radice a sostenerti.
 

05/11/14
 
(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)


giovedì 23 ottobre 2014

In morte del Ciliegio

 
 
 
 
Ti vidi in bianco, qual fossi tu sposa
nei lievi tuoi respiri in primavera
e dei miei passi l'alta sentinella
legando alle tue fronde ogni preghiera
 
A te il mio primo sguardo mattutino
nell'iniziare il nuovo dì ai tuoi piedi
che avevano detriti di altre guerre
prima di darti terra non mediata
 
Lasciavo i frutti accesi alle cornacchie
che avevan casa in torre a te vicina
spaziava l'occhio a tutti i miei confini
da te partendo in facili sorrisi
 
La somma del mio tempo nei tuoi anelli
amico caro di un abbraccio vero
mi hai visto a capo chino e viso fiero
bevendo come lacrime il sudore
 
E adesso posi il tronco sulle foglie
che caddero per prima sotto il vento
è quasi osceno il tuo mostrar radici
che perdono nell'aria ogni buon senso
 
E il soffio del sicario è già un lamento
nel tuo crollare in questa ultima danza
incredulo accarezzo la tua testa
senza staccare i piedi dal terreno
 
Già manchi e più di tutto manca l'ombra
che ho sempre demandato ai miei futuri
sognando quel ristoro meritato
dopo l'aratro nel tuo ampio feudo
 
Nell'aria che mi sferza celo il sale
che segna gote in arido solcare
sfiora il tuo freddo legno il mio tremore
che fermo in dignità tu mi mostravi
 
Prezioso mio Maestro ti saluto
antico amico piango i tuoi silenzi
che ancora mi frastornano nel cuore
donandomi radici per volare
 
Sei stato di famiglia l'imponente
e ciò che eri mai sarà scordato
mai più vedrò con gli occhi il tuo sapermi
ma sempre ti saprò Ciliegio amico

22/10/14
 
(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)


martedì 7 ottobre 2014

Ma in calce mi sorprende lo sbadiglio

 
 
 
Ho piedi piagati da belle scarpe
e soltanto al lavoro vesto a festa
è il tempo che non guardo che più corre
ma è come se fuggisse in altri luoghi
 
Io poi che non possiedo passaporti
e apolide mi invento mille case
mancandomi quel posto che mi specchia
mai vedo le lancette accontentarmi
 
E manco le parole di risposta
avendo frantumato tutti i vetri
per caso, o per disegno Superiore,
mi trovo a non trovarmi nella folla
 
Mi resta quindi solo il mio silenzio
e ciò che più di me ho già donato
e penso che ora esisto come prima
sebbene in pochi possano saperlo
 
Riscrivo la mia assenza sulla carta
per confermarmi sveglio nella notte
ma in calce mi sorprende lo sbadiglio
e allora in nessun luogo chiudo gli occhi

13/09/14
 
 
(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)

Voglio piangere d'inchiostro e di sale

 
 
È in queste ore che pendono a destra
al levante di un cerchio sul muro
con lancette a incontrare l’aurora
che più mi manca il mio dire l’amore!
 
Vorrei scriver di un volto che mi vesta
di un profumo che è noto alle mie labbra
di un’attesa tra gioia e sofferenza
di un ricordo da vivere al presente
 
ma non c’è nessun nome nelle vene
un sospiro che inventi gli aggettivi
ed un bacio che possa aver la rima
o sperarla nell’eco di un ritorno
 
Sono stanco di essere ormai morto
ed avere atteggiamenti approvati
nell’inerzia di una finta saggezza
dove pace è solamente sconfitta
 
Voglio piangere d’inchiostro e di sale
e aver tormenti da stupire ancora
nei ritagli anche rubati di pelle
dentro un attimo che valga l’eterno
 
Basterebbe infatti un’ultima volta
che possa infine diventar la prima
approdando nell’iride che specchia
il sorriso mai nato sul mio volto

30/09/14
 
 
(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)





giovedì 4 settembre 2014

I volti sul marmo





Mentre l'affanno dei mille obiettivi
asciuga i passi del Viaggio più incerto
cosa mai resta, di noi, nel tragitto?
Possiamo dire di esserci stati?


Solo esistiamo negli occhi degli altri
quando il ricordo di un gesto riemerge
oppure un tono gentile di voce
e in quell'incrocio ci siamo sfiorati

Ora che guardo dei volti sul marmo,
e molti restano il suono più astratto,
la mia memoria si accende a un incontro
e allora il nome rivive saputo

Ecco il barlume che abbaglia la mente
l'ultimo senso di un esser vissuti:
vita si afferma in ciò che lasciamo
e non soltanto sommando gli averi

Chi mai conosce quell'orma sul vento
se non qualcuno che si è spettinato?
La nostra scarpa, di marca, arraffata
vive in asettiche bolle oscurate

E di quei volti, due scaldano il marmo
dentro quel fuoco che vita mi ha dato
non una prece ma un grazie sereno
per chi alla Luce che incendia è tornato

Esco dal viale dei fiori recisi
in quel silenzio che a volte può urlare
sfioro, di lato, un viso appassito
che mai saprò, oltre questo pensarlo

Di ogni traguardo che può aver raggiunto
nulla equivale il fugace sfiorarsi
di lui vivrà, quando tornerà vento,
questo momento, guardandone il marmo.


13/07/14

(Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati)

Le mie parole



 
 
 
Avrei voluto scrivere canzoni
o meglio, le parole sopra il rigo
quelle che restano a note già spente
e ti domandi quale sia la tua;

avrei voluto scrivere un romanzo
che poi la gente mi guardasse il viso
per domandarsi dove sono stato
in quale viaggio ho conosciuto loro

e invece cerco ancora le parole
dopo le mille che mi son venduto
dopo le troppe che ho già barattato
perdendo al cambio piccole speranze

ma le canzoni che mi nuotan dentro
hanno la luce di altri cantautori
hanno emozioni che posso vestire
ma è come un frac che devo poi tornare

ed i romanzi che non sono io
hanno le storie che ho riconosciuto
come un amico che distratto parte
e che ti lascia un suo ricordo vago.

Dunque rimangono le mie parole
quelle che mai ho smesso di cercare
ma in fondo penso che le mie migliori
sian proprio quelle che non so più dire

allora spremo anche quest'altra penna
e un'altra notte che ricorda l'alba
un mio sospiro vecchio di cent'anni
la sigaretta che mi inganna l'aria

e bevo il nero succo d'angostura
che in qualche verso si è depositato
forse riesco a digerir la vita
sempre in attesa di altre mie parole.

11/07/14

Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati

Ma io scrivo


In questo giorno caduto da Luglio
con mosche che volteggiano nel fumo,
snobbando l'arsura fuori casa,
mi ritrovo con una penna in mano


e scrivo, senza avere alcuna idea
senza neanche un pretesto o un dolore
senza un fine che faccia stare bene
senza il buio a strapparmi via i pensieri

e scrivo le parole più comuni
quelle che hanno meno fantasia
e intanto fuori la vita si legge
o magari si guardan le figure

ma io scrivo nell'ombra di un soffitto
sotto il silenzio di una casa vuota
perché tutte le parole già scritte
mai son bastate a tessere un'intesa

e ciò che pensi lo leggo da un vetro
e la risposta scivola l'inchiostro
ma tu lo sai che preferisco un foglio
dove posso racchiudere il tuo mondo

e lo scrivo senza avere smentite
perché tanto sul palco resto solo
e invento un riflesso che mi aggrada
sotto i guizzi di una sfera perfetta

e intanto, tra lo spazio di due verbi
posso perdermi il senso di un abbraccio
ma questo, se permetti, non lo scrivo
e dico, con la china, tutto il niente

che possa darmi approdo in fondo al bianco
perché quello che vale è l'impressione
e di tante parole messe in fila
nemmeno più riesco a dubitare

e scrivo senza rughe d'espressione
senza avere qualcosa nelle tasche
mi restano graffiti sui papiri
e il senso mai tradotto del mio viaggio

o forse questa sedia è troppo alta
e illude il dubbio senso del volare
allora mi incateno alle parole
scrivendo di orizzonti sconosciuti

perché alla fine tu puoi dire tutto
il vento non ha limiti di spazio
ma io scrivo, sopra la mia vela,
ed è il tuo vento a gonfiarmi infinito.


11/07/14

Oliviero Angelo Fuina - Tutti i diritti riservati

P come Preghiera


Preghiera è spesso l'ultima risorsa
levata in cieli propri ad occhi bassi
è l'impotente grido a voce sorda
chiedendo alle alte sfere una magia


A un dio antropomorfo noi parliamo
per chiedere favori o aiuti vari
in cambio di promesse disperate
sovente poi scordate in convenienza

Ma noi che del divino siam riflesso
coautori di realtà per affinarci
tacciamo che ci accade ciò che siamo
negando il grande aiuto degli specchi

e mai che venga in mente un solo grazie
per quello che è il miracolo di vita
per ogni privilegio occidentale
ed ogni scorcio che possiam godere

Per caso nulla accade e questo vale
quando da accadimento c'è lezione
e questo è sufficiente ad esser grati
trovando il senso vero al nostro stare

Preghiamo con pensieri costruttivi
se è vero che l'aiuto è a chi si aiuta
e se preghiera abbiamo da inoltrare
che sia per consapevole splendore

E' libero l'arbitrio più prezioso
ed ogni torto ha un nesso sempre chiaro
preghiamo per la forza di capire
perché l'Amore agisce per amore.


(02/03/13)

(da" Alfabeti Di Versi", silloge inedita, Oliviero Angelo Fuina)

C come Calice


Il calice liturgico di un fiore
disseta la bellezza del creato
è coppa che leviamo ai nostri sensi
profumi femminili ad inalare.

Alzando, dentro il sangue, in rito umano
miracolo o potere è il dubbio vinto
è nettare di un pasto più divino
nel Tempio che non vale il nostro cuore.

Nel vetro, a forma conica ed inversa,
a volte ci si adombra la ragione
annegano illusori i dispiaceri
riempiendo l'impotenza allo svuotare.

Il simbolo uterino è quello vero
nel codice criptato in conoscenza
è sacro il femminino che si impone
nel verbo d'equilibrio e armonia.


(25/02/13)
(dalla silloge inedita: "Alfabeti Di Versi" - Tutti i diritti riservati)

domenica 24 agosto 2014

Ho una cuffia al rumor bianco sulle orecchie



Ho una cuffia al rumor bianco sulle orecchie
e c'è solo il mio respiro da ascoltare
come spegnere una radio in sottofondo
che la notte non disdegna di inondare

I pensieri nell'ovatta sembran veri
non avendo antagonisti a soverchiarli
e rilanciano orizzonti ad occhi chiusi
senza abbagli cacofonici a distrarre

Nel silenzio che ho rubato è mio l'ascolto
nei sospiri a sfera libera d'inchiostro
ma ogni posto è dentro il mondo e le sue voci
perché il vuoto di ogni suono vale niente

Scrivo l'ultima quartina d'esercizio
e poi levo l'artifizio che mi ha illuso
perché nasce tutto in urla emozionali
quel che muore invece sotto finta cappa.


(22/08/14)
Oliviero Angelo Fuina

[Inedito - Tutti i diritti riservati]

Distrae, la fatica della terra



Distrae, la fatica della terra
mentre stilla di sale asseta sforzi
e non è il più naturale tra i gesti
strappare compensati dalla casa

dopo aver reciso ortensie di ingombro
e spianato col rastrello le gobbe
ma tanto basta a sollevare sguardo
verso un sole che avalla approvazione

E' solo la fiammata di uno slancio,
o forse una spinta non voluta,
e presto in giri a vuoto mi raffreddo
tornando sulla mappa del mio verbo

C'è gente che sa fare tutto al meglio
ed altri che a parole sono un mito
io cerco come posso un posto al sole
che sia di penna o di sorrisi in cambio

perché si apprezza ciò che puoi toccare
nel panorama di uno sguardo vero
e le parole, quando son private,
non vengono additate e conosciute

ma quel che conta è costruir se stessi
che sia con calce oppure con l'inchiostro
e casa è dove puoi sentirti bene
e non le quattro mura intonacate.



(22/08/14)
Oliviero Angelo Fuina

[Inedito - Tutti i diritti riservati]

martedì 19 agosto 2014

"Gocce di poesia" - mini silloge poetica per il Premio Città del Galateo 2014

Voglio proporvi la mini silloge di 10 poesie -"Gocce di silenzio" - anch'esse arrivate in finale al Premio Città del Galateo 2014 nella sez. Silloge.
Silloge premiata col massimo dei voti, all'unanimità da parte di tutta la Giuria, al pari della poesia singola nell'altra sezione, regalandomi un "Vincitore Assoluto" per la Poesia nella classifica finale del Premio stesso.



 




“Gocce di silenzio”
Mini silloge di 10 poesie

"Arrivò piano"

Arrivò piano, come un'emicrania
e dove prima sentivi il profumo
la tua bocca già morde il bianco seno,
freddo, come notte che ti sorprende

Ed è lei ora che abita il volto
e nulla esiste che non sia quel marchio
che danna lo sguardo acceso allo specchio
e un sorriso di conquista a perdere

Nodose dita tengono la luna
nel nudo camminare sopra i mondi
un cane abbaia all'ombra di sé stesso
e un allocco finisce lo spartito

Arrivò piano, senza spiegazioni
senza passi da contare a ritroso
e nel tuo orfano abbracciare il vento
c'è tutto il senso a trattenere il pianto

Senza le scarpe fermo hai camminato
tracciando la tua rotta su memorie
e poi di colpo invece sei partito
ma come se nemmeno fossi stato

Arrivò piano, come un temporale
e dove ricamavano le gocce
ora tutto nell'onda si disperde
nel riflusso che danza la tua ghiaia

che adesso mi frantuma consonanti
nel chiamarti con l'inutile voce
ed è il silenzio a gridare più forte
nella guerra che mai nessuno vince

- Arrivò piano, forse inaspettata,
senza fermarsi per mostrarci il viso -

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"Senza ritorni"

Manca il respiro, a volte, per domani
quando guardi le orme abbandonate
senza un noto sorriso che ti sappia
o acredine che non ti lasci solo

Si è liberi vivendo nel presente
ma sbarre troppe alte ha il mio silenzio
senza l'eco di un tempo condiviso
che intreccia due ricordi da serbare

E gli anni che per me son troppo avanti
nei tuoi, verdi e veloci, senza fiato
m'incurvano orizzonti di speranza
o solo epifanie dietro il timore

Nel cappio del consueto strozzo sguardi
e più non vedo magici momenti
nei voli alle catene che mi impongo
per non saper più il nome nello specchio

Un poco di buon senso basterebbe
che mostri ciò che io davvero sono
ma è sempre quel consenso che ricerco
a chiudermi la strada del ritorno.

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“Sotto il sassofono”

Il sassofono dettava le voci
che insieme abbiam legato sulla notte
luna arancio che le note ascoltava
mentre sabbia replicava le impronte

Insieme sul muretto avanti il chiosco
si è parlato senza dirci poi molto
ma il silenzio che abbracciava i sorrisi
diceva ad alta voce di noi due

Versavo sui tuoi dubbi la mia storia
e ciò che in verità non ho mai fatto
ma il senso è la presenza tua nel mondo
che aspetta il tuo consenso ad esaltarsi

In te, bambino mio, rivedo l'uomo
che avrei potuto forse diventare
se solo avessi mio il tuo potenziale
di stella luminosa in ogni cielo

E intanto il nostro canto si fondeva
scordando stonature più impacciate
mostrandoti in coraggio passi a tempo
per farti poi danzare in altre braccia.

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“Il vuoto di una scelta”

In un giorno costipato che arranca
rovinando d'inedia anche la notte
sono finte le parole virtuali
e quelle a muso duro fanno male

Ma le gabbie racchiuse di un sospiro
disegnano impotenti i troppi passi
che girano su ipotesi più lise
e il cielo di un rimpianto si avvicina

E' musica che arretra il tempo illuso
e avanza le ferite a fine pezzo
allora canticchiavo l'incoscienza
e il sole sorrideva sui miei anni

Ho perso, senza viaggio, un altro treno
e il tuo nome, già scritto mille volte
in archivi, si perde, da annullare
e piaghe da curare avrò ai miei piedi

Ancora busserai dentro il mio sguardo
e forse avrò parole fortunate
ma il mio sarà quel capo che si china
planando la zavorra dei pensieri

Ancora cercherò la prima stella
in rotte da ripetere a memoria
e avrò nel senno d'altri il mio consenso
che ho perso dentro il vuoto di una scelta.

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“I nostri autunni”

D'ambra e rubino i rami son vestiti
prima di denudarsi nel commiato
verrà del lutto pace bianca e quieta
poi dita al cielo indosseranno gemme

Tutto ritorna e tutto nasce ancora
quando l'illusa morte segue il ciclo
ogni stagione ha il suo vestito a festa,
i propri doni che altre età non hanno

Dunque l'autunno in viso o dentro il cuore
mai perderà quell'ultimo sospiro
vive nel seme d'esistenza innata
fiore che mai potrà l'oblio trovare

Tu padre avevi il tronco in madre terra
ramo tu fosti e rami hai generato
mai nell'inverno puoi saperti morto
se in nuova estate i frutti hanno il tuo nome

Linfa che scorre in albero di vita
nutre radici aspettando il sole
ora se brezza spettina certezze
giungerà il senso a rinnovar promessa.

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“Come se forma prendesse l'inchiostro”

Dopo una sera di asettici baci
e gialli sorrisi in punteggiatura
resta la penna a sentire le dita
dentro l'abbraccio che mai ti delude

Tutto un silenzio che a volte è di troppo
mai può coprire un'assenza che urla
provi a parlarle tra strette parole
ma nulla annega negli occhi tuoi stanchi

Sempre quei gesti, l'ennesima volta,
come se forma prendesse l'inchiostro
più non sai dire qualcosa di nuovo
più non hai pelle che abbia un ricordo

e allora scrivi di un niente allo specchio
guardando altrove per non contraddirti
o forse solo per sopravvivenza
nel breve inganno che vita non vale.

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“Ladro al mercato”

Sono andato al mercato di Mandello
che non è dove vivo, ma ho vissuto
c'era il sole e il riflesso sulla Grigna
mentre il cielo di blu tingeva il Lario

L'aria asciutta riannodava in gola
col respiro dei miei anni più verdi
mi bruciava quel sale nei capelli
ed il filo reciso d'aquilone

Bancarelle di ogni invito allettante
i prezzi in pennarello scritti in grande
ma non era la merce che volevo
solo gli occhi di chi mi ha conosciuto;

non potendo, senza soldi, comprarli
li ho rubati di nascosto da loro
per trovarmi, nello specchio più vero,
ogni volta che mi ferisce il tempo.

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“L'inizio e l'infinito”

Il volo di un gabbiano all'orizzonte
il canto di ogni onda alla sua riva
il primo bacio al fuoco di un tramonto
la notte che ti lancia le sue stelle

il pugno chiuso urlato contro il cielo
rigagnoli di sale dell'addio
l'abbraccio silenzioso di un amico
un libro che ti fa scoppiare il cuore

la nebbia che respiri la mattina
la neve che si adagia sulla lingua
la prima volta che lei ti ha sorriso
l'ultima volta che sei stato figlio

Il senso di ogni cosa si completa
nel suono commovente di un vagito
e quando, nel suo viso che ti guarda,
puoi leggere l'inizio e l'infinito.

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“La carezza della penna”

Io sono per difetto tremebondo
e agli uragani intensi scelgo quiete
lo so che poi la vela non si inarca
e mai del tutto lascio le mie rive

Mi agito nel vento a ogni sfida
e perder le parole è un prezzo immenso
e quando i giorni corron senza fiato
ammutolisce il senso di un sapermi

Incespico nei gesti di un rituale
quando la messa svela il miscredente
non riesco più a vedermi coi sorrisi
che pagano, in miseria, un tanto all'ora

Non voglio, eppure resto sulla giostra
forse per la paura di saltare
tra sguardi che non possono capire
che il movimento ha giri sotto sterno

Inutile affannarsi senza meta
tranne l'approvazione più sociale
ma come posso viver di me stesso
quando ogni cosa ha un prezzo da pagare?

E' vero che la vita è solo una
ma i suoi riflessi veston tutto il mondo
ed io che nei silenzi scrivo un sogno
ora mi assordo in veglie mai volute

E' questa l'esperienza che mi è data
forse a trascender comode visioni
niente si perde, è vero, e nulla muore
tranne un presente che non traggo in salvo

E sommo le quartine senza sosta
come se io potessi fermar notte
ma è già domani e il tempo non fa sconti
e il palinsesto chiede il suo rispetto

Ringrazio la carezza della penna
che anche stanotte in dono mi ha lasciato
forse è soltanto un battito di ciglia
ma in questo pianto muto trovo il senso.

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"La Ricetta"

Di cosa è fatto davvero un poeta
per riconoscerlo a parole spente?

Se puoi nascondere i fogli d'approdo
barche d'inchiostro a planare i suoi mari
azzerando gli alfabeti saputi
cosa resta del suo librarsi in volo?

Si dice che un poeta resta tale
nel silenzio mai sentito che veste
nei sorrisi ad accogliere la vita
nella lacrima che chiude una porta;

un poeta dipinge con lo sguardo
nella tela di un giorno sempre nuovo
colorando di emozioni il respiro
intingendo i pensieri nella notte.

Un poeta è il fanciullo meno saggio
che baratta per un sospiro il pianto;
è il Pierrot che cavalca la sua luna
e la faccia nascosta che non mostra.

Non esistono ingredienti di lemmi
per fare un buon poeta in pochi passi
ma se guardi nel cuore di un bambino
hai trovato il segreto che ricerchi.

OLIVIERO ANGELO FUINA

Intervista a cura di Michela Zanarella per "Oubliette Magazine"

Intervista di Michela Zanarella ad Oliviero Angelo Fuina, autore del libro “Orme sull’acqua”

Intervista di Michela Zanarella ad Oliviero Angelo Fuina, autore del libro “Orme sull’acqua”
lug 21, 2014
Oliviero Angelo Fuina nasce a Neuchâtel (Svizzera) nell’agosto del 1962 da famiglia italiana. Lettore compulsivo fin da bambino, trova quasi subito naturale sfogo emotivo nella scrittura personale, nonostante il frequentare – imposto – di corsi professionali alberghieri e istituti tecnici commerciali.
Solo nel 2005 comincia a proporre le sue composizioni poetiche sul web e ne ha un riscontro più che buono. Viene inserito con merito in molte antologie poetiche. In quel periodo comincia a cimentarsi anche in racconti brevi e scopre che anch’essi vengono accolti favorevolmente.
Nel 2007 pubblica una prima silloge poetica che intitola Poesie in cuffia, sulla suggestione di brani musicali “immortali”. Oliviero Angelo da allora si dedica ancora con più dedizione allo scrivere creativo. Solo nel 2011, però, pubblica quanto aveva scritto nel corso di quegli ultimi anni incentivato da siti che permettono l’auto pubblicazione con facilità.
E così nascono le seguenti raccolte poetiche pubblicate in proprio: Scampoli e Assenze, Cieli di carta, Vocali in apnea, Lido Venere – conchiglie all’anima, Blocco Note e Titoli di coda. Nello 2011 pubblica anche i suoi racconti brevi, intitolandoli Corti-Circuito (racconti brevi dal filo scoperto). Sull’onda di questo volersi proporre, pubblica anche C’è tempo e tempo – Improbabile Romanzo, scritto realmente quasi vent’anni prima, e Mah!, una serie di microcosmi paralleli di pensieri impostati su calembours e giochi di parole, che ricordano i giochi sperimentati dal gruppo Oulipo, ideato in Francia negli anni sessanta da Raymond Queneau.
Prima di tutto questo pubblicare compulsivo, con l’amica e scrittrice Maria Capone (in arte Adrena) aveva scritto nel 2006 Il bacio di vetro, romanzo pubblicato nel 2011.Nel 2013 entra infine a far parte della David and Matthaus,  con la quale pubblica la silloge poetica Orme sull’acqua. Sposato e padre di un figlio di 14 anni, vive a Oggiono, in provincia di Lecco, ai bordi di un lago che caratterialmente ben lo rappresenta.
Michela Zanarella lo incontra per Oubliette Magazine. Buona lettura!

M.Z.: La tua silloge poetica “Orme sull’acqua” è da considerarsi uno scrigno in versi raffinato ed intenso. Raccontaci come nasce questa tua raccolta e quale messaggio si cela nel titolo dell’opera, se di messaggi vogliamo parlare.
Oliviero Angelo Fuina:  Prima di tutto voglio ringraziarti per la considerazione lusinghiera con la quale fai riferimento  alle mie “Orme sull’acqua”. Questa mia silloge nasce una poesia alla volta e inconsapevole di esserlo fino all’ultima. Mi spiego. Contrariamente a opere di narrativa, almeno per ciò che mi riguarda, le poesie si scrivono (o meglio, mi si dettano) senza avere un progetto comunicativo ben determinato. Le poesie prendono vita e respirano con le mie emozioni nel momento stesso che la riflessione conseguente (o l’outing catartico) mi si detta urgente. Poi capita di ritrovarsi con un certo numero di liriche e che le stesse abbiano un fattore comune che rispecchia quasi sempre il percorso interiore ed emozionale che si sta percorrendo. Riunirle è solo il logico passo successivo per proporre più compiutamente, e condividere, il personale “sentire”. Nella fattispecie di “Orme sull’acqua”, Il titolo, in effetti, rispecchia un “mio”  assioma …  esistenziale. La vita è paradossale e contraddittoria come certamente lo sono ipotetiche orme sull’acqua. Soprattutto la contraddittorietà è ciò che sento appartenere maggiormente all’insieme di queste mie poesie raggruppate. Perché la vita sovente ci ripresenta il medesimo evento o accadimento da portare con discernimento alla nostra consapevolezza ma le nostre risposte possono differire anche in modo diametralmente opposto e tutto questo ritengo vada benissimo perché ogni esperienza effettivamente va vissuta come originale senza retaggi passati, o esperienze già terminate e conservate nella memoria, da portare in riferimento come metro di misura comportamentale. Non esiste mai in assoluto un modo giusto o un modo sbagliato. Esistono solo esperienze che indistintamente, attraverso percorsi a volte anche tortuosi, riescono a mostrarci di noi ciò che ci occorre sapere,  in quel preciso momento e con quella nostra determinata “risposta”, per crescere. Tutto accade sempre nel presente e tutto accade sempre per la prima volta. E la risposta emotiva dovrebbe sempre essere vergine per quello che in quel preciso momento noi siamo o possiamo essere. E sono proprio queste “Orme sull’acqua” quelle che possiamo lasciare nel fluire della nostra vita. Inoltre a me personalmente richiamano un senso di leggerezza che ritengo sia il giusto approccio per scorrere, camminare,  nel fiume dell’Esistenza verso l’unico mare che già siamo.  Perché il traguardo è il Viaggio stesso.

M.Z.: Come ti sei avvicinato alla scrittura e in modo particolare alla poesia?
Oliviero Angelo Fuina: Sarò banale nella risposta, ma alla “scrittura” mi sono avvicinato a scuola, quando ho imparato a scrivere. Nel senso che già dai primi “Temi” di italiano mi sono reso conto di quale splendido e magico gioco erano le parole. Una penna e un foglio (e per me anche molta carta assorbente essendo stato sempre un disastro con pennini e calamai) e potevo creare storie e inventare nuovi mondi e potevo dare voce al bambino che ero che diversamente sarebbe stato in silenzio davanti al mondo degli  adulti incapaci di poterlo stare ad ascoltare. Leggere poi è stato il conseguente passo che mi ha fatto innamorare definitivamente della magia delle parole. Alla poesia, di contro, mi sono avvicinato per vie traverse e inusuali e non immediatamente. Le poesie che a scuola ci facevano imparare a memoria le ho sempre vissute come un obbligo e come una forma comunicativa anacronistica e in qualche modo non funzionale alle mie esigenze. Certo, le imparavo subito e la musicalità e il ritmo mi erano di facile assimilazione. Ma non di gradimento. La prima “epifania” poetica è stata grazie a un settimanale femminile che leggeva mia madre. “Intimità” o “Confidenze”, ora non ricordo bene. Lettore compulsivo ed onnivoro, alle elementari leggevo tutto quello che capitava per casa. Su questo settimanale scoprii una rubrica di poesia dove le lettrici stesse mandavano le  loro poesie. Scoprii così che si poteva fare poesia anche in un linguaggio moderno e per emozioni o sentimenti che riuscivo a sentire meglio e in modo più affine. Leopardi e Ungaretti, su tutti, letti e riletti poi in età adolescenziale sono stati indubbiamente metro e misura di un mio recepire poesia e condividerla. Per eleganza e musicalità e sintesi sorprendenti. Ma mi sento di affermare che il vero amore per la poesia mi è stato donato da alcuni cantautori italiani i cui testi erano per me la somma poetica espressiva per eccellenza. Parlo di De André, Guccini, Cocciante, Vecchioni, De Gregori e Baglioni. E il mio primo cimentarmi in versi, ovviamente dopo le prime delusioni amorosi, è stato raffrontandomi e trovando conforto ed empatia con le loro frasi poetiche “ad effetto” e poi trovando finalmente le mie, in un comunicare con la parte interiore di me stesso finalmente appagante e rispecchiante il tono dell’emozione da comprendere o semplicemente metabolizzare.

M.Z.:  La tua vita da poeta nel contesto quotidiano ti porta qualche volta alla riflessione dell’abbandono della realtà con le sue problematiche materiali?
Oliviero Angelo Fuina: Ma esiste davvero una vita “da poeti”? Ti confesso che faccio fatica a rispondere a questa domanda. Esiste la vita, esiste di certo uno “sguardo oltre” ed esiste un domandarsi e rispondersi sulla vita che a volte si avvale di “poesia”, cioè di un linguaggio non prosaico che ha però il pregio di sintetizzare un’emozione vissuta non diminuendone la valenza né l’intensità, anzi. Ti dirò di più. Con le riflessioni in poesia, i miei “outing” catartici dell’anima, riesco a focalizzare meglio la realtà e le relative problematiche riconducendole, per gli strumenti che sono, alle maestrie che comportano e che rappresentano nel nostro Cammino. Le problematiche materiali, proprio grazie alla poesia, riesco a portarle meglio a comprensione e discernimento, consapevole che tutto ciò che accade non è mai casuale ed è  sempre finalizzato a un nostro crescere,  magari vivendo proprio quella determinata esperienza apparentemente “ingiusta”.

M.Z.: Hai autopubblicato diverse raccolte di poesia, cosa distingue “Orme sull’acqua” dai tuoi lavori precedenti, in che modo si è evoluto il tuo stile negli anni?
Oliviero Angelo Fuina: La prima distinzione è già insita nella tua domanda. Le precedenti sette raccolte poetiche le ho auto pubblicate mentre “Orme sull’acqua” ha avuto la fortuna e penso anche il merito di avere una Casa Editrice (David and Matthaus)  che le ha dato spazio, importanza e quindi i natali, credendo e investendo nell’Opera e nell’Autore. “Orme sull’acqua” si distingue inoltre dalle sillogi precedenti per una diversa maturità nel guardare ad eventi emotivi e questo è anche logico se si considera che ogni poesia è sempre figlia di un determinato momento interiore del Poeta e che ne rispecchia esperienze e consapevolezze raggiunte in un costante crescere che è “regola umana” naturale. In quest’ultima silloge ritengo inoltre ci sia minor ermetismo e più semplicità espositiva,  o meglio, un dialogo interiore più diretto, fermo restando un’eleganza lessicale e una musicalità costante che mi viene unanimemente riconosciuta.

M.Z.: Hai un blog personale, pensi sia importante essere presenti sui social network e comunicare sul web? Una tua considerazione in merito.
Oliviero Angelo Fuina: Sì, oggigiorno ritengo sia fondamentale esserci in rete, soprattutto per autori che necessitano ancora di farsi conoscere. Di rendersi riconoscibili e quindi, di conseguenza, potersi vendere con più facilità perché spesso tra due scelte d’acquisto editoriale si predilige più frequentemente quella il cui Autore è conosciuto o del quale si sia sentito almeno “parlare” di lui. Nel mio caso il blog, oltre che un piccolo archivio di mie significative opere e riflessioni in prosa che racchiudono in modo aggiornato la somma del mio divenire, è anche strumento per farmi conoscere e rilanciare e anche per sperimentare magari nuove forme stilistiche comunicative giusto “per vedere di nascosto l’effetto che fa”. Leggermente diverso è il discorso dei Social Network. Molto utili per allacciare e consolidare reti sociali, di amicizia e” corporative” e per promuovere iniziative personali. Diciamo che spesso funge da “passaparola” virtuale con più potenzialità numeriche che quello quotidiano limitato alla cerchia delle persone realmente vicine. Come per tutti gli strumenti non si dovrebbe mai demonizzare ma neppure renderlo portatore di Verità assolute. Ogni strumento vale per come viene usato, auspicando sempre un minimo di discernimento e un po’ più di buon senso nell’utilizzo. Detto questo, far parte attivamente di questo “Villaggio globale” può essere solo positivo per portata e per numeri raggiunti. Farne parte con poco giudizio, però, può essere altrettanto deleterio  e controproducente in modo amplificato. Ecco. La misura e il buon senso devono essere prerogative d’utilizzo inderogabili, così come la personale capacità di giudizio e di discernimento su parole “pubbliche”.

M.Z.: Hai ottenuto diversi riconoscimenti per le tue poesie, cosa ti hanno portato questi plausi?
Oliviero Angelo Fuina: Ultimamente è successo con più frequenza, è vero. Innanzi tutto mi hanno portato in dote maggior autostima e fiducia nel mio modo di comunicare in versi. Confermandomi un’accoglienza e una decodifica delle mie emozioni condivise che mi ha rassicurato e confermato. Grazie a questi riconoscimenti indubbiamente il mio nome ha avuto maggiore visibilità e risalto e questo, come ho detto anche prima, è un ottimo aiuto per poter proporre con successo d’accoglienza le proprie Opere, o comunque con quel minimo di curiosità che un nome che comincia ad essere riconosciuto muove positivamente. Personalmente poi questi riconoscimenti mi hanno portato in dote nuovi incontri con persone splendide e interessanti con le quali condividermi all’interno di una comune passione poetica o quanto meno comunicativa.

M.Z.: Progetti, impegni, ambizioni.
Oliviero Angelo Fuina: Scrivere e scrivermi per imparare a leggermi, io stesso,  sempre meglio. Nello specifico ho in progetto, e nel fantomatico cassetto di ogni portatore sano di penna, altre sillogi poetiche, perché di scrivere poesie, “di guardarsi dentro o fuori con sguardo interiore” non si finisce mai. Non c’è soluzione di continuità. È un qualcosa che se ci appartiene, ci appartiene per sempre. Non si sceglie di scrivere poesie, si viene scelti.“Alfabeti Di Versi”, “Notturni in Versi” e molte altre poesie ancora senza nome di eventuale silloge sono già in attesa del primo vagito pubblico, così come l’eventuale pubblicazione di un mio “Romanzo” di riflessioni autobiografiche allo specchio del quotidiano, dentro un mio riconosciuto percorso nella spiritualità interiore (da non confondere con alcuna religiosità) è in attesa di un necessario lavoro di editing e spero che il mio Editore possa essere d’accordo d’iniziare anche questa nuova avventura con me. Inoltre ho già molte storie che stanno muovendosi quasi autonome negli oceani di carta che ho dato loro in dono e che, con l’aiuto della mia penna, stanno crescendo e delineandosi in modo, a mio parere (forse di parte), convincente. Riguardo alle ambizioni sono un po’ in difficoltà nel focalizzarle. Ovviamente verrebbe da dire subito quella di diventare un autore e un poeta affermato, riconosciuto e “riconoscibile” e che possa vivere della propria passione, “quasi” fosse davvero un “lavoro”. In effetti, invece, io mi ritengo già contento e fortunato di poter continuare a scrivere per come le parole mi si dettano e quando trovo una sensibile accoglienza alle mie parole da parte di qualcuno mi sembra di aver avuto già tutto. Su questo forse la mia Casa Editrice potrebbe avere giustamente qualche riserva. Spero di averti soddisfatto nel rispondere almeno coerentemente alle tue domande e , ringraziandoti per il tempo che mi hai dedicato, ti saluto e saluto tutti coloro che avranno avuto la pazienza di leggermi in questo mio mostrarmi fino a quest’ultima riga.

Written by Michela Zanarella

É il mio nome che ho dato alle parole



É d'inchiostro il sudore della vita

in tutti i passi, affermando me stesso,

è allo specchio che scrivo le mie rughe

mettendo quei sorrisi per inciso



É quel sacco che graffia la mia schiena

a dare la misura di ogni viaggio

io sono dei graffiti giusta somma

a volte un aggettivo un po' desueto



Il profilo, dagli anni, è appesantito

ma il verbo più leggero non inganna

è il mio nome che ho dato alle parole

mentre curvo le spalle alle sconfitte



Allargo i miei confini sopra i fogli

io che da questa sedia non mi muovo

ma gli occhi in penna d'oca hanno le ali

e voli in doppio margine sanciti



Mi chiedo come vendere i miei versi

che liberi già sono, oltre la mano,

è un filo d'aquilone che mi lega

ai cieli più lontani del mio cuore



Io scrivo, e poco altro riesco a fare

forse mi nutro di qualche consenso

come se il volo, di altri sguardi, indotto

mi fosse ricompensa di un restare.

(Oliviero Angelo Fuina)

(Poesia finalista al "Premio Città del Galateo 2014 - Valutata col massimo dei voti all'unanimità da tutta la giuria, al pari della silloge nell'omonima sezione, determinando così l'esito di "Vincitore Assoluto per la Poesia" nel Premio stesso)

Spettina il vento lancette bloccate


La finestra di magnolia sul lago
e i tuoi capelli sfiorano il mio petto
ti aspetto nel silenzio di un abbraccio
ogni momento nato dopo il primo

è qui che sempre ti cerco, e ritorno
nell'attesa di un palpito infinito
ovunque la tua strada ti ha portato
è nel mio lago il tuo riflesso vero

spettina il vento lancette bloccate
e forse non esiste in vero il tempo
è il tuo ricordo il luogo che frequento
è sempre adesso la tua pelle addosso.

[Oliviero Angelo Fuina]

(Poesia classificata al terzo posto al Concorso "Mani in volo")