Io che abito il mondo in ospitale inganno
sono straniero in casa quando non sono solo.
Abito a fondo: i silenzi delle mie grida,
i solchi d'inchiostro sulla terra dei fogli,
le spirali di fumo a tossirmi sul viso
e le pause pensanti fra coppie di aggettivi;
lancette piegate all'illuso Levante,
gli appesi calendari dai giorni prenotati,
le parole di getto da rileggere a conferma
e ciabatte alla deriva sotto i piedi.
Io sono quello che si adagia incurante
tra le matite sparpagliate nei colori
- da chi vive urgente prima che io nasca -
e giocosi incastri di plastica a riposo;
nei rassicuranti chiarori a basso consumo
e borse che sbadigliano nel sonno d'altri;
nei libri spalancati a promemoria
e schermi spenti che riflettono il mio viso.
La poetessa russa di una sera in prestito
palesa ogni mio limite, in cirillico e tradotta,
mentre il pianoforte di Einaudi di poc'anzi
era sprone al mio contro suonare la penna
ed io che voglio scrivere il mondo
abitando ogni casa abbandonata
non trovo il passaporto di un respiro
per varcare in domicilio le mie mura.
13/09/09
(da: "Blocco Note")
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