L’appartamento di un millesimo
(da: "L'uomo nudo con le mani in tasca)
[Romanzo ancora in fase di editing per una prossima uscita rivista e corretta]
Oggi mi sono affacciato
nell’appartamento di mio padre, attiguo al mio. L’appartamento adesso è vuoto.
Non senza arredi e suppellettili, no. Vuoto.
Mio padre non ci abita più lì dal 6 dicembre. Tecnicamente dal 7, quando
è uscito di casa per farsi portare al cimitero.
In questo caso lui sicuramente
non era più il corpo, né i pensieri, né la mente. Ecco: se potessi chiedere
direttamente a lui mi direbbe per esclusione chi adesso sa di essere.
Mia moglie è uscita dalla sala
dove stava cercando di imballare le molte cose appartenute prima a entrambi i miei
genitori e ultimamente solo a mio padre. Mi chiama dentro per mostrarmi dei
blocchetti di appunti che lui aveva riempito, chiedendomi se volevo tenerli per
guardarli con comodo. Gli ho dato subito un’occhiata veloce, sfiorando con lo
sguardo quell’elegante grafia che così bene avevo imparato a conoscere e ho
avuto la sensazione che mio padre fosse ancora lì presente con i suoi pensieri
e le sue abitudini. Ritrovarlo in vezzi familiari e modi di appuntarsi ogni
istante quotidiano degno per lui di futura attenzione, me lo ha fatto
ripercepire come “mio” padre. Cioè come l’unico modo che ho sempre avuto per
identificarlo.
Scopro ciò che ho sempre saputo:
lui viveva in tanti suoi passati, proiettati tutti contemporaneamente nel suo
presente.
E ogni presente importante lo
conservava per quando sarebbe stato un passato da ripensare. Ecco perché si
sentiva sempre giovane: non aveva mai giorni da sommare in avanti! Solo giorni
già vissuti ai quali far rivivere di volta in volta altri ipotetici percorsi se
solo lui avesse eccetera, eccetera.
Io con il mio giudicarlo non ero
molto distante da ciò che di lui giudicavo. Cambiava solo la direzione dell’elastico.
Lui era il muso duro a voce piena
contro i suoi fallimenti o le ingiustizie passati, io l’attesa pigra aspettando
che i futuri che avevo proiettato accadessero. Ecco perché non riuscivamo mai
ad incontrarci. Non eravamo mai lì presenti l’uno di fronte all’altro. Solo
rinvii e lucide aspettative in gestazione. Come se ai nostri appuntamenti si
presentassero gli avvocati.
Paradossalmente ci stiamo
incontrando adesso, nel suo passato che preventivamente lui aveva spostato in
avanti e nei miei futuri con lui che devono obbligatoriamente fermarsi e
retrocedere.
E ora che ci incontriamo, mi
manca!
Poi lo incontro anche in una
piega a segnalibro di una pagina di un romanzo che stava leggendo e in quei
foglietti sparsi tra le stesse pagine con brani del libro ricopiati alla
lettera. Lui riscriveva i passaggi che lo colpivano perché per il sacro
rispetto che aveva dei libri – cultura contadina - non sottolineava mai a
matita alcunché. Li prendo e li leggo ed
è come se ci fosse lui che per la prima volta mi dicesse: “Vedi, Oliviero. Questo passaggio mi rappresenta e quest’altro lo trovo
vero; questo invece mi piace perché mi ricorda alcune mie vicende mentre qui
trovo geniale la risposta del personaggio sotto accusa...”. Prima non
l’aveva mai fatto.
Grazie, pà. Ma cosa posso ormai risponderti e condividere, io? Magari torna
tra qualche tempo che ciò che ho in programma di risponderti può essere
pronunciato! No. Scherzo. Posso ascoltarti e penso che vada bene così. Non
credo di averlo mai fatto quando il tuo sguardo mi smascherava mio malgrado. O
mascherava, non so. Non importa più, adesso. Forse io non ci sono ancora, ma tu sì.
Quindi, forse, non sei tu a
mancarmi ma io stesso vicino a te.
Sono passati due mesi e non è
vero, a dire il vero, che l’appartamento non si sia vuotato. A parte mio padre.
Certo, i mobili sono rimasti
quasi tutti ma ogni ripiano, cassetto o mensola sono stati svuotati e il molto
imballato in cartoni, razionalmente disposti. Sempre dentro l’appartamento.
E poco è stato anche buttato.
Ecco. Questo discernere ed eliminare ciò che lui comunque conservava mi è
sembrato un po’ sacrilego. E agivo guardandomi attorno in attesa di un suo
rimprovero.
Comunque un gettar via
indispensabile, va detto. È strano come buttare vie le cose ti faccia pensare
alla vita. Anche quando ”gli” buttavo
via contenitori vuoti e rotti, vecchie bollette di molti anni fa e anche
raccolte enormi di fascicoli che trattavano il tema dei benefici di non
accantonare nulla, bene... risentivo sempre la voce di mio padre che diceva:
“ Chi non cura un centesimo non vale un millesimo!”
E sacchi interi di centesimi riempivano la terrazza davanti casa, pronti
per la discarica, anzi, per l’isola ecologica!
Scusa, pà. Ma io valgo ugualmente. Non è stato nemmeno facile pensarlo, ma
ci sono infine riuscito.
È curioso come dopo due mesi io senta ancora
l’odore dei suoi passi. (Scusa ancora, pà.
Non intendevo di certo dire che non ti lavavi i piedi.)
Come se l’appartamento fosse
diventato mio padre stesso. Sì. Penso che adesso lui sia diventato il suo
ricordo. Lui è lì, in quella parte di me, che ancora non so quale io sia, che non ha mai smesso di essere
ciò che mi ha mostrato in tutta la sua vita, anzi, in tutta la mia, di vita. In
quella parte di me che io sono per
sempre figlio. E questa parte non è un pensiero, è un sentire. Però sono sempre
più convinto che le persone continuino a rimanere ciò che loro pensavano, o ciò
che noi di loro pensavamo.
Anche mio padre mi aveva ricreato
pensandomi. Non sono mai stato molto d’accordo sul pensiero che avrebbe dovuto
rappresentarmi ai suoi occhi; ma se è per questo, continuo ancora a non sapere
nemmeno quale parte dei miei pensieri stessi io sia. Adesso però posso cambiarli. Rimango in campo da solo,
d’altronde.
Cambierò sicuramente quella parte
di me che proiettava azioni in troppi futuri solo per dimostrare a lui qualcosa
di me.
Però non vale, pà! Così mi obblighi a dismettere un
alibi quasi perfetto! Comunque farò tutto per me, adesso. Te lo dimostrerò!
L’appartamento, adesso, è mio.
Intendo l’appartamento di mio padre. Ed è l’appartamento di un millesimo.
Perché io , un millesimo, lo valgo!
(pagine 14,15,16)
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