giovedì 14 febbraio 2013

L'appartamento di un millesimo, da "L'uomo nudo con le mani in tasca"



L’appartamento di un millesimo
(da: "L'uomo nudo con le mani in tasca)
[Romanzo ancora in fase di editing per una prossima uscita rivista e corretta]


Oggi mi sono affacciato nell’appartamento di mio padre, attiguo al mio. L’appartamento adesso è vuoto. Non senza arredi e suppellettili, no. Vuoto.  Mio padre non ci abita più lì dal 6 dicembre. Tecnicamente dal 7, quando è uscito di casa per farsi portare al cimitero.
In questo caso lui sicuramente non era più il corpo, né i pensieri, né la mente. Ecco: se potessi chiedere direttamente a lui mi direbbe per esclusione chi adesso sa di essere.
Mia moglie è uscita dalla sala dove stava cercando di imballare le molte cose appartenute prima a entrambi i miei genitori e ultimamente solo a mio padre. Mi chiama dentro per mostrarmi dei blocchetti di appunti che lui aveva riempito, chiedendomi se volevo tenerli per guardarli con comodo. Gli ho dato subito un’occhiata veloce, sfiorando con lo sguardo quell’elegante grafia che così bene avevo imparato a conoscere e ho avuto la sensazione che mio padre fosse ancora lì presente con i suoi pensieri e le sue abitudini. Ritrovarlo in vezzi familiari e modi di appuntarsi ogni istante quotidiano degno per lui di futura attenzione, me lo ha fatto ripercepire come “mio” padre. Cioè come l’unico modo che ho sempre avuto per identificarlo.
Scopro ciò che ho sempre saputo: lui viveva in tanti suoi passati, proiettati tutti contemporaneamente nel suo presente.
E ogni presente importante lo conservava per quando sarebbe stato un passato da ripensare. Ecco perché si sentiva sempre giovane: non aveva mai giorni da sommare in avanti! Solo giorni già vissuti ai quali far rivivere di volta in volta altri ipotetici percorsi se solo lui avesse eccetera, eccetera.
Io con il mio giudicarlo non ero molto distante da ciò che di lui giudicavo. Cambiava solo la direzione dell’elastico.
Lui era il muso duro a voce piena contro i suoi fallimenti o le ingiustizie passati, io l’attesa pigra aspettando che i futuri che avevo proiettato accadessero. Ecco perché non riuscivamo mai ad incontrarci. Non eravamo mai lì presenti l’uno di fronte all’altro. Solo rinvii e lucide aspettative in gestazione. Come se ai nostri appuntamenti si presentassero gli avvocati.
Paradossalmente ci stiamo incontrando adesso, nel suo passato che preventivamente lui aveva spostato in avanti e nei miei futuri con lui che devono obbligatoriamente fermarsi e retrocedere.
E ora che ci incontriamo, mi manca!
Poi lo incontro anche in una piega a segnalibro di una pagina di un romanzo che stava leggendo e in quei foglietti sparsi tra le stesse pagine con brani del libro ricopiati alla lettera. Lui riscriveva i passaggi che lo colpivano perché per il sacro rispetto che aveva dei libri – cultura contadina - non sottolineava mai a matita alcunché.  Li prendo e li leggo ed è come se ci fosse lui che per la prima volta mi dicesse: “Vedi, Oliviero. Questo passaggio mi rappresenta e quest’altro lo trovo vero; questo invece mi piace perché mi ricorda alcune mie vicende mentre qui trovo geniale la risposta del personaggio sotto accusa...”. Prima non l’aveva mai fatto.
Grazie, . Ma cosa posso ormai risponderti e condividere, io? Magari torna tra qualche tempo che ciò che ho in programma di risponderti può essere pronunciato! No. Scherzo. Posso ascoltarti e penso che vada bene così. Non credo di averlo mai fatto quando il tuo sguardo mi smascherava mio malgrado. O mascherava, non so. Non importa più, adesso. Forse io non ci sono ancora, ma tu sì.
Quindi, forse, non sei tu a mancarmi ma io stesso vicino a te.

Sono passati due mesi e non è vero, a dire il vero, che l’appartamento non si sia vuotato. A parte mio padre.
Certo, i mobili sono rimasti quasi tutti ma ogni ripiano, cassetto o mensola sono stati svuotati e il molto imballato in cartoni, razionalmente disposti. Sempre dentro l’appartamento.
E poco è stato anche buttato. Ecco. Questo discernere ed eliminare ciò che lui comunque conservava mi è sembrato un po’ sacrilego. E agivo guardandomi attorno in attesa di un suo rimprovero.
Comunque un gettar via indispensabile, va detto. È   strano come buttare vie le cose ti faccia pensare alla vita. Anche quando ”gli”  buttavo via contenitori vuoti e rotti, vecchie bollette di molti anni fa e anche raccolte enormi di fascicoli che trattavano il tema dei benefici di non accantonare nulla, bene... risentivo sempre la voce di mio padre che diceva:
“ Chi non cura un centesimo non vale un millesimo!”
E sacchi interi di centesimi  riempivano la terrazza davanti casa, pronti per la discarica, anzi, per l’isola ecologica!
Scusa, . Ma io valgo ugualmente. Non è stato nemmeno facile pensarlo, ma ci sono infine riuscito.

È  curioso come dopo due mesi io senta ancora l’odore dei suoi passi. (Scusa ancora, pà. Non intendevo di certo dire che non ti lavavi i piedi.)
Come se l’appartamento fosse diventato mio padre stesso. Sì. Penso che adesso lui sia diventato il suo ricordo. Lui è lì, in quella parte di me, che ancora non so quale io sia, che non ha mai smesso di essere ciò che mi ha mostrato in tutta la sua vita, anzi, in tutta la mia, di vita. In quella parte di me che io sono per sempre figlio. E questa parte non è un pensiero, è un sentire. Però sono sempre più convinto che le persone continuino a rimanere ciò che loro pensavano, o ciò che noi di loro pensavamo.
Anche mio padre mi aveva ricreato pensandomi. Non sono mai stato molto d’accordo sul pensiero che avrebbe dovuto rappresentarmi ai suoi occhi; ma se è per questo, continuo ancora a non sapere nemmeno quale parte dei miei pensieri stessi io sia. Adesso però posso cambiarli. Rimango in campo da solo, d’altronde.
Cambierò sicuramente quella parte di me che proiettava azioni in troppi futuri solo per dimostrare a lui qualcosa di me.
Però non vale, ! Così mi obblighi a dismettere un alibi quasi perfetto! Comunque farò tutto per me, adesso. Te lo dimostrerò!


L’appartamento, adesso, è mio. Intendo l’appartamento di mio padre. Ed è l’appartamento di un millesimo. Perché io , un millesimo, lo valgo!

(pagine 14,15,16)

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