A cura di Oliviero Angelo Fuina
A causa di lavori lungo la carreggiata stradale, quattro automobilisti – sulle loro rispettive autovetture – vengono deviati su una strada a loro sconosciuta. In prossimità di un incrocio le autovetture si fermano ed inspiegabilmente non riescono più a ripartire. A vista d’occhio non c’è alcunché e nulla trovano nei paraggi per i tratti che esplorano a piedi visto che, per di più, non si vedono altre autovetture transitare; inoltre non c’è campo per poter effettuare alcuna chiamata telefonica e sta scendendo una fitta e oscurante nebbia a dir poco inquietante. Passa soltanto, dai campi, un enigmatico contadino con il suo trattore che si limita ad indicare loro un vecchio capanno adatto ad ospitarli nell’attesa, aggiungendo che altri automobilisti nella loro stessa situazione se l’erano cavata in un paio di giorni. Il senso di quest’ultima affermazione lascia i quattro automobilisti, e soprattutto il lettore, più che perplessi. Tutti loro hanno una storia particolare che li presenterà e servirà a dir loro molto più di ciò che essi stessi pensano e forse il vero motivo per cui si trovano in questa situazione di “impasse”, o meglio, a questo …bivio. Quanto meno sarà una lunga notte.
Come premesso dalla stessa autrice, “L’incrocio” è una storia surreale fuori dal tempo e dallo spazio”. Una Storia che è solida costruzione per altre storie, grazie al coinvolgente raccontarsi da parte dei quattro protagonisti che a quell’incrocio – non solo stradale – si vengono a trovare e, lì, si scoprono obbligati misteriosamente a fermarsi.
Storie che lasciano sempre più interrogativi che risposte, funzionalmente al climax della Storia portante.
Tutto è sospeso e immobile, come uno schermo cinematografico che aspetta di prendere vita con le proiezioni programmate. E tutto, infatti, fa subito pensare a una non casualità di eventi pur tra questi quattro viaggiatori fino a quell’incontro sconosciuti tra loro. Quattro protagonisti che lo stesso lettore comincia a conoscere soltanto come “Il professionista”, “l’amante”, “l’amorevole” e “lo scettico”.
Quattro protagonisti ottimamente disegnati dalla talentuosa penna di Anna Cibotti; quattro come le direzioni possibili di ogni incrocio che ognuno di noi prima o poi si trova ad affrontare. Quattro solitudini diverse legate da un sottile “fil rouge”. Tre direzioni portano avanti e una, inevitabilmente, fa tornare indietro. Quale la direzione per non soccombere alla disperazione?
Leggendo questo bel libro di A. Cibotti mi è quasi subito balzata alla mente una citazione tratta dal bel film “La leggenda del pianista sull’oceano”, di Tornatore. Una frase, sul finale, che il titolare di un Monte dei Pegni dice direttamente al trombettista, vera voce narrante di questa trama. Frase che più o meno suona così: “Una bella storia merita sempre di essere pagata, e la tua lo è…”.
“L’incrocio” è un libro che si legge quasi di un fiato sia per la brevità dello stesso ma soprattutto per la scorrevolezza dello stile della Cibotti. Ma come ogni sorso degustato – pur piccolo – che merita, la persistenza sensoriale è una certezza.
Storie che lasciano sempre più interrogativi che risposte, funzionalmente al climax della Storia portante.
Tutto è sospeso e immobile, come uno schermo cinematografico che aspetta di prendere vita con le proiezioni programmate. E tutto, infatti, fa subito pensare a una non casualità di eventi pur tra questi quattro viaggiatori fino a quell’incontro sconosciuti tra loro. Quattro protagonisti che lo stesso lettore comincia a conoscere soltanto come “Il professionista”, “l’amante”, “l’amorevole” e “lo scettico”.
Quattro protagonisti ottimamente disegnati dalla talentuosa penna di Anna Cibotti; quattro come le direzioni possibili di ogni incrocio che ognuno di noi prima o poi si trova ad affrontare. Quattro solitudini diverse legate da un sottile “fil rouge”. Tre direzioni portano avanti e una, inevitabilmente, fa tornare indietro. Quale la direzione per non soccombere alla disperazione?
Leggendo questo bel libro di A. Cibotti mi è quasi subito balzata alla mente una citazione tratta dal bel film “La leggenda del pianista sull’oceano”, di Tornatore. Una frase, sul finale, che il titolare di un Monte dei Pegni dice direttamente al trombettista, vera voce narrante di questa trama. Frase che più o meno suona così: “Una bella storia merita sempre di essere pagata, e la tua lo è…”.
“L’incrocio” è un libro che si legge quasi di un fiato sia per la brevità dello stesso ma soprattutto per la scorrevolezza dello stile della Cibotti. Ma come ogni sorso degustato – pur piccolo – che merita, la persistenza sensoriale è una certezza.
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